
Per vincere la partita la palla va messa in rete ma qualche volta “l’evoluzione inciampa”. Oggi abbiamo imparato a rendere le cose che ci circondano conformi a noi. Significa che siamo in grado di adeguare quello che serve alla nostra esistenza, ai nostri bisogni e non il contrario. Se ci adattassimo a ciò che ci offre la società non saremmo più progrediti, adattarsi significa restare con quello che si ha facendoselo bastare e invece a noi non basta. Desideriamo scavalcare l’abitudine per trasformare ogni nostra ordinarietà in nuova possibilità, vogliamo potenziare ciò che abbiamo applicando soluzioni innovative. In sostanza, rafforziamo i mezzi per semplificare e gestire al meglio le esigenze. La domotica consente, con l’utilizzo di connessione ed energia elettrica, di trovarsi in casa anche quando non si è in casa. L’abitazione che interagisce e risponde ai comandi accendendo/spegnendo luci, riscaldamenti, alzando/abbassando le tapparelle è davvero molto comoda. Se ci si dimentica di guardare il frigo per sapere cosa comprare o se non è stata azionata la lavatrice o la lavastoviglie ci penserà un semplice ordine a distanza a provvedere e il gioco sarà fatto. La casa sarà sempre al sicuro perché qualsiasi variazione sul sistema di allarme verrà immediatamente segnalata, vita breve per le incursioni dunque. Sarà anche possibile programmare l’impianto di irrigazione o lanciare una richiesta al risponditore vocale. Ma se salta la connessione o si verifica un guasto alla linea elettrica cosa si fa? Si interrompono le comunicazioni e tutto torna a com’era prima, si rischia di entrare nell’alloggio troppo freddo o troppo caldo, gli elettrodomestici perdono l’uso delle loro funzioni a distanza, non si può chiedere alla macchinetta del caffè di mettersi in azione dal letto. Che disdetta! Ma allora se è vero che la casa domotica permette di controllare ogni attività domestica da remoto è anche vero che ci abitua, ci insegna a non poterne poi, più fare a meno. A chi non è capitato di andare nel panico se la connessione internet si perde per qualche ora? Ci sembra di non essere più in grado di fare niente tanto siamo abituati a farne uso. Il web ci ha dominati lasciandoci ben poco spazio per ragionare, ne abbiamo bisogno, ammettiamolo. Se con una mano ci ha dato esattamente ciò di cui avevamo bisogno, con l’altra ci ha legati alla rete. Mondi alternativi al nostro che trasportano in un sogno isolando spesso dalla realtà chi in questa dimensione, quella virtuale, ha scelto di vivere. Ormai è così c’è poco da obiettare, la fibra è più forte di ogni altro richiamo. Ragazzi che lasciano le piazze, la socializzazione, lo sport, gli amici e spesso, purtroppo anche la scuola. Il termine giapponese Hikikomori dà il nome alla sindrome che porta ad emarginarsi dal mondo. Chi ne è affetto, in genere giovani dall’età adolescenziale in poi, si ritira in camera e non ne esce più per periodi più o meno prolungati. Internet, di cui i soggetti affetti fanno grande uso, sembra non essere però la causa scatenante, attribuita dagli psicologi ad un disagio sociale. Essere affetti dalla sindrome significa rifiutare il contatto con il mondo esterno giudicandolo pieno di ipocrisie, falso, pericoloso. Paura del fallimento e giudizio altrui minacciano gli equilibri di chi sceglie di vivere in solitudine e lo fa con angoscia. Ma se la rete non è responsabile di questi drammatici episodi sicuramente rappresenta un’aggravante. In mancanza di essa si resta disarmati, nell’astinenza provocata dalla dipendenza. Case intelligenti e sindrome sono due esempi che rappresentano a pieno il rovescio della medaglia. Forse la mania di controllo sulle cose ci ha resi vulnerabili, come se il nostro sistema centrale venisse attaccato da fattori esterni provocandone danneggiamenti. La connessione che va e viene non causa gravi problemi solo agli impianti di domotica, qualche volta oltrepassa il limite, diventa insidiosa. Ma internet è anche una grande risorsa che ha permesso all’uomo di accedere a sfere fino a quel momento sconosciute, dove non avrebbe mai immaginato di poter arrivare. Farne buon uso è cosa giusta.
“Comunque vada, panta rei and singing in the rain. Namasté Alè.”
Maria Zaccagnini
