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Delegare troppo uccide

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Delegare troppo uccide

La tragica storia della superficialità che credeva di essere furba e invece…

Cosa sai fare? Cosa sai fare molto bene? Ma, soprattutto, cosa non sai più fare?

Se ti sembrano domande banali o poco importanti, è il motivo per cui devi assolutamente leggere questo articolo fino alla fine: stai rischiando di morire!

Negli ultimi 30 anni, abbiamo assistito a una progressiva e inarrestabile semplificazione della nostra vita, dovuta a tanti piccoli cambiamenti e innovazioni a cui ci siamo abituati sempre di più, fino a non poterne fare a meno.

Se questo processo ti fa pensare alla droga e al percorso che seguono tutti quelli che sviluppano una qualche dipendenza, direi che sei sulla strada giusta, perché è proprio di questo che parliamo.

Siamo partiti dal dover fare tutto, costruire tutto, coltivare tutto, riparare tutto, imparare le strade, saper ascoltare il corpo e curarci con le erbe, fare piccole riparazioni e manutenzioni agli oggetti che abbiamo acquistato nel tempo.

Ma poi, progressivamente, ci hanno dato soluzioni sempre più facili, che non richiedevano impegno: dal telecomando per la tv che ci ha letteralmente inchiodato al divano, allo zapping compulsivo che ha polverizzato la nostra capacità di tenere l’attenzione per più di qualche minuto, passando per i vari farmaci di consumo quotidiano, automobili ed elettrodomestici sempre più digitali e impossibili da riparare, fino ad arrivare a internet e agli smartphone che hanno completato l’opera, rendendoci compulsivi e manipolati h24.

In tutto questo, abbiamo smesso di coltivare verdure, allevare animali da cortile e ci siamo affidati ai prodotti “freschi e genuini” delle grandi distribuzioni organizzate, in cui etichette incomprensibili e piene di sigle a cui non sappiamo dare alcun senso, ci comunicano che sarebbe meglio non mangiare quella roba, mentre il nome del prodotto ci tranquillizza facendo riferimento a qualche nonno di qualche valle, sinonimo di affidabilità.

Ma è vero? Ovviamente no! Ma quanto è comodo crederci…

Vale lo stesso per qualsiasi cosa passi per le vie industriali, dove le regole economiche richiedono di abbassare sempre di più i costi e massimizzare i profitti, per cui nessuno vuole fare dei buoni prodotti ma dei prodotti molto redditizi.

E allora ecco che le coltivazioni e gli allevamenti intensivi, i cibi surgelati e a lunga conservazione, conditi di ogni tipo di additivo/conservante, vengono sottoposti alle cure del marketing e si vestono di Bio, secondo criteri stabiliti a colpi di limiti alle quantità di additivi chimici e non in base alla loro assenza.

Ma se è bio, deve essere buono… o no?

Comunque vada, la verità è che abbiamo raggiunto la totale dipendenza per qualsiasi necessità della nostra vita: non sappiamo procurarci cibo e acqua senza andare in un super mercato, non possiamo più gestire le nostre risorse economiche senza passare da una banca, non sappiamo trovare un luogo senza un navigatore e siamo totalmente compulsivi nell’uso dei “nostri” smartphone e della connessione a internet.

Una nota: quando compri uno smartphone, fino a che non scarichi le app e non accetti qualunque condizione vessatoria imposta dalle case produttrici di app, il “tuo” smartphone è inutile. Ci avevi mai pensato?!

 Ma è così comodo e veloce cliccare “accetto…” Sì, però attenzione, perché non è gratis, paghi con la tua indipendenza.

Ma è terribile tutto questo!

Sì, ma non solo è terribile è anche, quasi certamente, irreversibile perché è tutto basato sulla nostra ignoranza accumulata e consolidata nel tempo.

Non sappiamo niente della nostra mente e di come il sistema nervoso parasimpatico, insieme ai famosi bias cognitivi ci rendano totalmente inermi di fronte a chi conosce le tecniche più evolute di neuromarketing.

Basta sollecitare alcuni dei nostri meccanismi mentali più sensibili per riuscire a spingerci a fare qualunque tipo di idiozia: dal buttare lo stipendio in una slot machine o ai “gratta e perdi”, fino a prenderci a botte per avere il tostapane in sconto al black Friday, fino a indebitarci a vita per acquistare un SUV di sette posti su cui saremo da soli per il 90% del tempo in cui ne avremo il possesso.

Ti faccio una domanda: mi daresti 50.000 euro sapendo che entro un anno te ne farò perdere 10.000? No vero? E mica sei scemo! 

Adesso rifletti…

Se non ci arrivi mi dispiace, per te non c’è più niente da fare.

Ma se ci sei arrivato, allora conto su di te per divulgare un nuovo messaggio:

torniamo a essere capaci di gestire la nostra vita, le risorse, il cibo, l’acqua, la politica e smettiamola di delegare tutto a qualcuno in cambio di comodità e velocità, altrimenti ci sembrerà “normale” che un ragazzo venga, in bicicletta, d’inverno, a portarci la pizza a casa, per un euro.

Ma da quando essere in tali difficoltà da accettare di correre in lungo e in largo su una bici per pochi spiccioli è diventato normale?

Pensaci, cos’altro ti sembra normale? Forse l’allevamento intensivo di polli e mucche nutriti ad antibiotici in dei veri e propri lager? Forse il frumento fatto crescere a colpi di concimi ormonali e glifosato? Forse tutti quei prodotti in scatola “senza grassi” ma pieni di zuccheri aggiunti?

Forse ti sembra normale bere un liquido scuro che corrode i metalli, lucida le cromature e toglie la ruggine?

Ma forse ti sembra normale dover prenotare i “tuoi” soldi per prelevarli dal “tuo” conto in quantità limitata altrimenti ti segnalano come un criminale?

Ma forse ti sembra normale perfino mostrare un permesso per bere un caffè al bar e per poter mangiare al ristorante e ti sembra normale che ci siano addetti che all’improvviso arrivano a controllare se sei autorizzato a mangiare.

Se tutto questo ti sembra normale, scusami, sono strano io.

 Ezio Angelozzi 

Formatore e business coach

 

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