Il cibo come strumento per dialogare e comunicare
«Maccaroni? Questa è roba da carrettieri, io non mangio maccaroni. Vino rosso? Io non bevo vino rosso. Lo sapete che sono americano, gli americani non mangiano maccheroni, non bevono vino rosso. Bevono latte, per questo vincono gli apache. Maccarone, che mi guardi con quella faccia intrepida, mi sembri un verme, maccarone. Questa è roba da americani: yogurt, marmellata, mostarda… roba sana sostanziosa».
Come non ricordare questa scena emblematica del film “Un americano a Roma” di Stefano Vanzina, che si manifesta con tutta la sua forza dinanzi ai nostri occhi, ripescata da una memoria non troppo lontana in cui fa capolino anche la voce di Aberto Sordi. Sono certa, infatti, che mentre leggevate il dialogo tra il protagonista del film e gli spaghetti, così come è accaduto a me mentre lo trascrivevo, anche voi avrete visto le immagini… e avrete sentito la voce… il tono aspro e divertente del grande Albertone, e ora un sorriso piega le vostre labbra.
La commedia italiana, soprattutto quella degli anni cinquanta, e quindi della ripresa economica, è ironica, sdrammatizza la drammaticità, e Alberto Sordi in questo è un esempio eccezionale.
Il cibo, in particolare, come strumento sociale, si inserisce perfettamente in certe pellicole, anche come mezzo per realizzare la satira, che in questo caso va a schernire il sogno americano, minando certi aspetti della cultura americana.
Il cibo dunque, come strumento per dialogare e comunicare. In effetti, molti incontri importanti avvengono proprio a tavola. E a proposito di tavole e incontri, mi sovviene in mente e alla vista un’altra bellissima scena, tratta dal “Casanova” di Fellini, diametralmente opposta a quella di Steno, anche se, per certi versi, ugualmente grottesca. Sto parlando del pranzo dalla Marchesa d’Urfè, protettrice di Giacomo Casanova, al quale desiderava sottrarre il segreto dell’immortalità. Casanova, infatti, oltre che di libertino e seduttore, aveva la nomina di possedere conoscenze alchemiche e, di fatto, in questo pranzo era presente anche uno dei massimi esponenti del ‘700 magico, il presunto Conte Tzarogy di Saint Germain, musicista e alchimista, di bell’aspetto e ammaliatore, un po’ come Casanova, che parlò sempre, dall’inizio alla fine, quasi dimenticandosi del cibo. Un pranzo, oserei dire culturale, immerso in una classica atmosfera felliniana, che ci cattura per la sua stravaganza. Ma contrariamente al Conte, il nostro Casanova, oltre alla magia, alle donne e alle parole, apprezzava particolarmente il cibo, e infatti dice: “Coltivare i piaceri dei sensi è stata per tutta la vita la mia principale occupazione, e non ne ho avuto altra più importante. Sentendomi nato per l’altro sesso, l’ho sempre amato e mi sono fatto amare per quanto possibile. Ho molto amato anche la buona tavola e insieme tutte le cose che eccitano la curiosità…”
Alessandra De Angelis