ALL(EN)ERGIA

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 La crisi che stiamo vivendo ci ricorda come lo sviluppo delle società umane sia condizionato da due fattori essenziali: malattie trasmissibili su larga scala (germi patogeni e virus) e disponibilità di energia in quantità sufficienti. L’avvento di una crisi energetica in concomitanza o immediatamente al seguito di una pandemia potrebbe rappresentare un netto arresto, se non arretramento, nello sviluppo delle società umane  dagli effetti di un cambiamento climatico che si manifesta in maniera più rapida di quanto si ipotizzava e da una conseguente scarsità delle risorse idriche, ecc., non è mancato chi, giustamente preoccupato, abbia detto o pensato, facendo riferimento alla suggestione dei flagelli biblici: «Mancano solo le cavallette…».

Il conflitto Russo-Ucraino sta preoccupando non solo per il possibile e catastrofico scenario di guerra in Europa ma anche per le pesanti conseguenze in campo energetico e climatico e costituisce uno spartiacque cruciale le cui dinamiche, ancora in corso, hanno investito – oltre ad evidenti profili di ordine militare, geopolitico, umanitario – anche quegli aspetti propriamente attinenti alla sicurezza energetica. La guerra in Ucraina è un potente focolaio di instabilità geo-politica ed energetica, tecno-manifatturiera e finanziaria.

Le relazioni tra l’Italia e la Russia nel settore energetico hanno radici profonde e risalgono alla fine degli anni Cinquanta quando furono siglati contratti per la fornitura di greggio l’Italia è, purtroppo, fra i Paesi europei con la più alta dipendenza energetica dall’estero. Nel 2010 l’Italia raddoppia la dipendenza dal gas russo, tralasciando una previdente politica di diversificazione dei fornitori. Se ci sono buone ragioni per pensare che la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio non si fermerà e, al contrario, potrebbe persino essere rafforzata dopo lo shock di Covid-19, ve ne sono altre che suggeriscono che questo processo può essere rallentato o addirittura invertito. La pandemia ha già provocato nel codice genetico della globalizzazione alcune mutazioni che, adesso, potrebbero sperimentare evoluzioni più marcate e meno reversibili.

All’indomani delle pandemie precedenti, il tasso d’interesse reale naturale è diminuito raggiungendo un minimo dopo venti anni, seguito da un recupero durato altri due decenni e la recente storia economica   porta con sé una persistente incertezza macroeconomica.

Un’altra importante informazione riguardo alla copertura del fabbisogno energetico è quella relativa all’andamento della dipendenza energetica del sistema, misurata come quota percentuale delle importazioni nette sul consumo totale sia relativamente ad ogni fonte che in relazione al consumo totale di energia nella particolare situazione italiana, solo le fonti rinnovabili potrebbero ridurre la dipendenza dalle importazioni, sebbene una strategia di diversificazione delle fonti fossili possa in qualche modo ridurre gli effetti negativi di tale dipendenza, da questo punto di vista, è opportuno sottolineare come nel medio periodo un’altra strada percorribile possa essere rappresentata da un maggiore utilizzo del carbone.  Dopo decenni di relativa pace e placido benessere il mondo tutto si accorge di aver procrastinato fin troppo i problemi strutturali di cui ha sempre sofferto. Le reti di fornitura e di approvvigionamento sono già state rese più corte e meno efficienti perché più onerose. I mercati finali hanno già sperimentato un ridimensionamento con una loro calibratura più regionale. Secondo la Banca Centrale Europea, l’impatto della guerra sulla crescita in Eurozona sarà quasi sicuramente elevato infatti, c’è lo shock di offerta generato sui mercati dell’energia e delle commodities (minerarie e agricole), shock che sta portando a un incremento duraturo dei prezzi (contribuendo dunque a mantenere l’inflazione a livelli elevati).  Sassoli nel suo ultimo discorso al Consiglio Europeo, un “nuovo progetto di speranza” per “un’Europa che innova, che protegge, che illumina”, Questa visione di Europa è oggi più necessaria che mai.  Se, da una parte, le soluzioni richiedono una considerevole azione di tipo politico, che sia rivolta al lungo periodo e consideri principi come la giustizia sociale e l’uguaglianza, dall’altra ci troviamo catapultati nel pieno di un nuovo conflitto aperto nel cuore del continente europeo. Potrebbe accadere che da un giorno all’altro si chiudano i rubinetti di gas e il bel paese potrebbe rimanere, non molto romanticamente, al lume di candela. La Russia si impone con la forza in Ucraina e gioca il suo ruolo in Europa come uno dei principali tre fornitori mondiali – insieme a Stati Uniti e Arabia Saudita – di combustibili fossili.

Negli ultimi anni l’opinione pubblica italiana ha mostrato sempre più interesse verso una politica di sviluppo sostenibile, basata sull’uso di energie alternative ed ha manifestato perplessità in relazione all’utilizzo eccessivo di combustibili fossili con conseguenti problematiche legate all’inquinamento o alle ripercussioni sul paesaggio. “C’è uno sviluppo di incentivi per le fonti rinnovabili contraddittorio, cioè momenti di spinta e di freno quindi la crescita delle bollette per le PMI e un tentativo di concorrenza con l’oligopolio”. “Il sistema industriale piccolo, medio e grande ha spinto le politiche energetiche verso la difesa delle bollette che è contraddittorio rispetto alla politica di incentivi”, risulta palese che per accelerare la transizione ecologica serva sicuramente accelerare la transizione burocratica. Una politica di energia rinnovabile non conviene solo al Pianeta, ma anche al rilancio dell’economia. Gli investimenti verdi infatti possono essere sostenuti anche perché non spenderemo più un centesimo per comprare gas, petrolio o carbone. Le comunità energetiche dovranno avere più spazio e per tutti ci sarà la possibilità di autoprodurre energia in modo pulito e democratico. I “potenti della terra” si stanno “dando da fare” per accelerare un percorso – quello della transizione ecologica – che avremmo dovuto cominciare molto prima e a discapito della nostra nazione ancora indietro e indecisa per affrontare le difficoltà della attuale situazione. La riapertura delle centrali a carbone ha avuto inevitabili critiche da parte delle associazioni ambientaliste: “di fronte all’aumento esponenziale dei prezzi del gas, alla guerra e ai possibili problemi di approvvigionamento, occorre reagire in modo strutturale e non con soluzioni a volte false, a volte inammissibili, a volte facili, forse ma che sicuramente rischiano di perpetuare i problemi e non risolverli”.  Nel giro di pochi giorni il mondo è letteralmente cambiato ma nasce a necessità di dare una risposta a famiglie e imprese, che costituiscono il “lato sociale ed economico” della sostenibilità, che non è e non può essere soltanto ambientale. Quindi una   crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica.

L’aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici hanno portato già l’economia globale alla stagflazione e porteranno molte economie in recessione. Ma le conseguenze economiche della guerra non saranno uguali per tutti avranno un forte impatto in Europa e in particolare per alcuni Paesi come l’Italia. L’inflazione non è mai stata così alta dal 1991 e gli stipendi sono più bassi di trent’anni fa, con il record toccato a febbraio di dipendenti precari La guerra in Ucraina è un potente focolaio di instabilità geo-politica ed energetica, tecno-manifatturiera e finanziaria. Lo spettro della stagflazione (bassa crescita e alta inflazione) è una minaccia sempre più concreta. A determinare le sorti dell’economia europea sarà tuttavia soprattutto la durata del periodo di stagflazione (“solo” un anno o di più?). Da questa dipende la probabilità che il rallentamento economico e il rialzo dei prezzi, insieme, abbiano o meno un forte impatto sulla tenuta complessiva dei sistemi economici europei. 

Draghi dice “L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte” ed è pronta a fare la propria parte “quindi siamo in guerra”.   

Il conflitto Russo-Ucraino sta preoccupando non solo per il possibile e catastrofico scenario di guerra in Europa ma anche per le pesanti conseguenze in campo energetico e climatico e costituisce uno spartiacque cruciale le cui dinamiche, ancora in corso, hanno investito – oltre ad evidenti profili di ordine militare, geopolitico, umanitario – anche quegli aspetti propriamente attinenti alla sicurezza energetica. Una guerra in Europa le cui conseguenze impattano anche sulle disponibilità energetiche e sulla situazione economica.

Sassoli non ha mai smesso di lavorare a quello che definì nel suo ultimo discorso al Consiglio Europeo, un “nuovo progetto di speranza” per “un’Europa che innova, che protegge, che illumina”. Questa visione di Europa è oggi più necessaria che mai le forniture di energia e di materie prime, espone il nostro paese e l’Europa ad una situazione di estrema vulnerabilità

È tempo di una nuova strategia energetica dell’Ue che scommetta su un futuro sostenibile, sicuro e socialmente equo. 

Maria Ragionieri

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