L’epoca odierna porta in seno un dualismo di minaccia e opportunità: se da un lato le preoccupazioni che i leader mondiali – nonché i cittadini comuni – devono affrontare sono concrete, imminenti e senza eguali nella storia, dall’altro gli strumenti di cui dispone il mondo di oggi hanno una innegabile efficacia. Problematiche come il cambiamento climatico e l’esclusione sociale toccano con violenza il singolo individuo e la società nel suo complesso; il progresso tecnologico negli ambiti più disparati, salute, energia, nanotecnologie, tecnologie dell’informazione, rappresenta però una risposta incoraggiante di sviluppo e miglioramento. Mai come oggi diviene irrinunciabile la possibilità di sfruttare queste opportunità. In un mondo connesso come quello attuale, la scelta di una linea d’azione deve essere condivisa per poter risultare efficace; questo non solo perché le minacce che incombono riguardano il mondo nel suo complesso, ma anche perché gli ultimi decenni hanno portato il concetto di internazionalizzazione in ogni ambito di vita. L’uomo vive sempre più in società e la società vive sempre più nel mondo in senso lato, con motivi di interdipendenza tra le sue parti che costringono ad una prospettiva diversa, globale, da cui vedere e affrontare i problemi. Nel 2015 le Nazioni Unite hanno deciso di coniugare tale prospettiva globale integrata su temi sociali in relazione alla materia di sostenibilità: nasce l’Agenda 2030, approvata all’unanimità nel settembre 2015 da 193 Paesi allo scopo di promuovere lo sviluppo sostenibile nella sua accezione non solo ambientale, ma anche economica e sociale. Nonostante i notevoli progressi compiuti dagli anni 1990 nella lotta alla povertà, ancora oggi più di 800 milioni di persone vive in povertà. L’obiettivo è eliminare completamente la povertà estrema entro il 2030.
Per affrontare il problema in modo articolato, l’obiettivo comprende, oltre allo sradicamento della povertà estrema, anche un sotto-obiettivo riguardante la povertà relativa, che si rifà alle definizioni nazionali. Le persone povere sono colpite più duramente dalle crisi economiche e politiche, dalla perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici, dalle catastrofi naturali e dalla violenza. Al fine di garantire che le persone uscite dalla condizione di povertà non vi ritornino, questo obiettivo prevede anche misure di consolidamento della capacità di resistenza, che comprendono l’istituzione di sistemi di protezione sociale.
L’espressione “sviluppo sostenibile” è usata per designare uno sviluppo che miri a soddisfare i bisogni dei cittadini di oggi, senza impedire alle future generazioni di fare ciò che ritengono utile al loro futuro. La scelta di sottoscrivere un’Agenda, e non un semplice Programma, suggerisce l’urgenza dell’azione e rimanda al tema del quotidiano, che tocca ogni cittadino nella sua singolarità, il concetto di sviluppo e globalizzazione non devono più essere legati ad un obiettivo di crescita, bensì di benessere e di qualità della vita.
Entro il 2030, sradicare la povertà estrema per tutte le persone in tutto il mondo, attualmente misurata sulla base di coloro che vivono in maniera disagiata ridurre almeno della metà la quota di uomini, donne e bambini di tutte le età che vivono in povertà in tutte le sue forme, secondo le definizioni nazionali. Implementare a livello nazionale adeguati sistemi di protezione sociale e misure di sicurezza per tutti, compresi i livelli più bassi, ed entro il 2030 raggiungere una notevole copertura delle persone povere e vulnerabili, rinforzare la resilienza dei poveri e di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità e ridurre la loro esposizione e vulnerabilità ad eventi climatici estremi, catastrofi e shock economici, sociali e ambientali. Creare solidi sistemi di politiche a livello nazionale, regionale e internazionale, basati su strategie di sviluppo a favore dei poveri e sensibili alle differenze di genere, per sostenere investimenti accelerati nelle azioni di lotta alla povertà.
Lo sviluppo sostenibile rappresenta una parte fondamentale del cambiamento ambientale, sociale ed economico, che la società sta cercando di intraprendere. Se da una parte questo termine viene utilizzato spesso quando ci si riferisce alla crisi ambientale e alla sostenibilità, dall’altra, non tutti conoscono le sue origini e ne comprendono il significato. È cruciale, quindi, dare una definizione del concetto per permettere una giusta comprensione del fenomeno in questione e far sì che più persone si mobilitino per favorire un corretto sviluppo sostenibile. Lo sviluppo si definisce come “un processo evolutivo nel quale la capacità umana aumenta rispetto alla creazione di nuove strutture, nell’affrontare i problemi, adattarsi al continuo cambiamento facendo uno sforzo in modo obiettivo e creativo per raggiungere nuovi scopi”. Inoltre, lo sviluppo si concretizza in un processo multidimensionale che coinvolge in esso significativi cambiamenti sia nelle strutture sociali, opinioni e istituzioni sia nella crescita economica, riduzione delle ineguaglianze e nella lotta contro la povertà assoluta. La sostenibilità, d’altro canto, letteralmente, rappresenta la capacità di conservare un’entità, un risultato o processo nel tempo. Diversi scienziati e accademici, però, tendono ad individuare il reale significato della sostenibilità nel miglioramento continuo e nel sostegno di un sistema economico, ecologico e sociale sano per favorire lo sviluppo dell’umanità. Le minacce principali che, al giorno d’oggi, l’umanità e il mondo si trovano ad affrontare sono molto diversificate e allo stesso tempo interconnesse tra loro. La sostenibilità, infatti, si pone il problema di rendere compatibile lo sviluppo delle attività economiche e, in generale, il progresso della razza umana con la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della biodiversità. In questi temi rientrano le maggiori sfide del nostro tempo: l’abbattimento della povertà; garantire la pace tra le nazioni; assicurare un progresso equo per tutti; la tutela degli ecosistemi; la gestione del problema del cambiamento climatico e riuscire a promuovere un progresso economico che sia al tempo stesso sostenibile. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione globale, che ha proprio l’obiettivo di proteggere il pianeta, garantire prosperità e pace ed estirpare la povertà. Essa, infatti, propone una visione di sviluppo e progresso più ambiziosa, basata sulle cinque ‘P’: persone, pianeta, prosperità, pace e partnership. Grazie a questa visione più aperta del fenomeno, il programma porta avanti degli obiettivi globali, indivisibili e interconnessi, che mirano a creare un progresso effettivo caratterizzato dal rispetto per i diritti dell’uomo e della sua dignità, la giustizia, l’eguaglianza, la parità dei sessi e una coesione che sia economica, sociale e territoriale al tempo stesso.
Nell’attuale contesto socio-economico, sempre più interdipendente e vulnerabile, la sostenibilità attraversa il locale e il globale, il singolo e le comunità, le generazioni attuali e future, sollecitando l’educazione a ripensarsi di fronte ad un mondo contraddistinto dalle categorie del cambiamento e del rischio, per aprire la strada ad una progettualità formativa attiva e consapevole, in ottica relazionale e solidaristica. La sfida della sostenibilità può offrire un motivo di fiducia nel futuro, quale bussola per continuare ad elevare le capacità umane di elaborare idee e progetti, prefigurando nuove possibilità all’educazione, con e per l’altro, nell’armonia con se stessi, la comunità umana, il pianeta. Di fronte alle sfide di portata planetaria che ci riserva il futuro, l’educazione gioca un ruolo insostituibile, si configura come elemento indispensabile per uno sviluppo umano e ambientale, per costruire reti solidali verso una presa di coscienza globale, nutrendo la speranza di poter sconfiggere la povertà e abitare con saggezza il pianeta, camminando insieme verso la sostenibilità di domani, con coraggio, fraternità e resilienza.
L’ingiustizia sociale, cioè quella tra generazioni presenti – cosiddetta intra-generazionale – si tramuta così in una ingiustizia inter-generazionale, ed il costo sociale della povertà si trasforma anche in un costo ambientale trasferito in modo sommerso alle generazioni future. La visione neoclassica dell’economia ha sempre favorito l’estensione dei mercati e l’efficienza allocativa, relegando la sostenibilità sociale ad un problema indiretto e comunque da risolvere eventualmente attraverso i meccanismi della crescita economica. Risulta dunque nel complesso che negli ultimi decenni la globalizzazione non è stata ispirata ai principi della sostenibilità, ma piuttosto a quelli della deregolamentazione e della privatizzazione.
Sottovalutare la povertà significa non cogliere la sfida che essa ci propone: una sfida alla nostra intelligenza, al nostro cuore, alla nostra sensibilità, poiché apparteniamo (e proprio la globalizzazione dovrebbe ricordarcelo) alla grande famiglia umana. In Europa, oggi, come in America, non conosciamo la fame, anche se essa ha riguardato le nostre storie a causa di epidemie e carestie. Se le risorse ci sono, perché questo problema resta? Evidentemente una parte dell’economia non è rivolta all’uomo, ma all’economia stessa, come una macchina impazzita che si tenta di domare. Perché la fame può essere strumentalizzata, e intesa quindi anche come uno strumento di ricatto a livello internazionale, perché le persone affamate possono contrattare beni preziosi pur di avere una manciata di cibo in cambio. La fame rappresenta uno strumento di coercizione e probabilmente, nei piani più esecrabili sebbene forse inconsapevoli dell’economia mondiale, essa tiene sotto scacco i paesi meno sviluppati. Viviamo in un periodo in cui qualunque risorsa, acqua compresa, può essere mercificata secondo i dettami della globalizzazione. I nostri fratelli che, nonostante gli sforzi compiuti, soffrono la fame e la malnutrizione, anzitutto per l’iniqua distribuzione dei frutti della terra, ma anche a causa di un mancato sviluppo agricolo. Viviamo un’epoca in cui l’affannosa ricerca del profitto, la concentrazione su interessi particolari e gli effetti di politiche ingiuste rallentano le azioni all’interno dei Paesi o impediscono una cooperazione efficace in seno alla comunità internazionale. In questo senso, rimane molto da fare per quanto riguarda la sicurezza alimentare, che appare ancora come un obiettivo lontano per molti. Il pianeta sta affrontando la più grave emergenza alimentare del 21° secolo. Le aree del mondo in “emergenza fame” sono sempre più ampie e diffuse. Ma definiamo, “poveri in giacca e cravatta”. Un’immagine che si ripropone nella difficile attualità di questi mesi di pandemia e che sembra aver riportato indietro le lancette del tempo; è una delle tante nuove declinazioni possibili del disagio e della povertà sociale, un ulteriore segnale della profonda distanza che si è affermata nel Paese tra la realtà e chi avrebbe il compito di interpretarla.
Maria Ragionieri