Viaggio nel tripudio di sapori
I dolci di Natale sono dei simboli di riti propiziatori tradotti in tradizioni regionali, infatti, secondo una tradizione a Milano bisogna conservare un pezzo del panettone del pranzo di Natale e mangiarlo a digiuno il 3 febbraio, San Biagio, insieme alla famiglia come rito propiziatorio contro mal di gola e raffreddore.
Anche con l’ultima delle feste natalizie “arriva l’epifania che tutte le feste porta via…..” i dolci come riti propiziatori per augurare ogni bene e dato che come faceva San Nicola prima dell’avvento di Babbo Natale, prima della befana era Santa Lucia a distribuire dolcetti ai bambini buoni: la figura così delineata si dimostra integerrima e addirittura “rigida” con gli adulti, mentre diventa buona e comprensiva con i più piccoli, come farebbe una nonna. Le usanze legate al culto cattolico ne hanno modificato le motivazioni, associandola invece al racconto della natività. La tradizione orale vuole infatti che i Re Magi, in cerca della strada per la mangiatoia, si rivolsero a lei per chiedere indicazioni: dapprima la vecchina si rifiutò di aiutarli, ma poi, pentita, andò a cercarli casa per casa portando con sé dei dolci per scusarsi e indirizzarli sulla giusta via, anche se narrazioni raccontano che l’elemento del carbone sia legato agli antichi riti propiziatori pagani che consistevano nel bruciare dei fantocci con alcuni vecchi vestiti addosso per simboleggiare l’anno appena trascorso, cosa che ancora si usa in alcuni paesi del Nord Italia. Qualcosa delle precedenti e antiche credenze è rimasto immutato, l’usanza del carbone appunto.
La tradizione del tronchetto di natale tipico del paese d’Oltralpe, il dolce è conosciuto come ‘Bûche de Noël’ e ricorda la forma del ceppo di legno, simbolo a sua volta di numerosi paesi del Nord Europa, la storia del ceppo affonda le sue radici in un’usanza pagana che serviva per augurare la fertilità dei frutteti: il ceppo, infatti, doveva essere estratto da una quercia o da un castagno e messo nel camino il giorno della Vigilia. Un’azione simbolica questa per riscaldare il bambin Gesù, che doveva proseguire fino a Capodanno come rito propiziatorio per l’anno nuovo.
Il pandolce e il rito propiziatorio del ramoscello d’alloro acceso sulla cima del dolce-simbolo di Genova. Comunque, secondo alcuni storici il legame tra periodo solstiziale e dolci a base di farina sarebbe nato nell’antica Roma pagana.
Un percorso natalizio con tappa in Abruzzo per godere della meravigliosa natura montana con la neve visitare i luoghi del natale abruzzesi e riscaldarsi dal grande freddo di questo periodo gustando un dolce tipico del natale il “parrozzo” che parte dal pane di farina di mais cotto nel forno a legna ed il simbolo dell’abbondanza. Fu una delizia per il palato di D’Annunzio tanto da sollecitarne l’ispirazione a tal punto da dedicare al dolce dei versi encomiastici in dialetto abruzzese “chiù doce dequalunqua cosa ddòce e affermandosi da quel momento un adepto parrozziano.”
La prima persona a cui D’Amico, il geniale pasticciere di Pescara, fece assaggiare il nuovo dolce fu proprio D’Annunzio, che estasiato, suggerì il nome di “parrozzo” e gli dedicò lettere e sonetti “E’ tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a nu gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce…e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce” e tornando alla storia, il successo straordinario indusse il suo ideatore a dedicargli uno spazio apposito proprio accanto al negozio di alimentari e dolciumi. Fu così che nel luglio del 1927, pochi mesi dopo la costituzione della Provincia di Pescara, in piazza Garibaldi, a due passi dalla casa natale del Vate, si inaugurò il Ritrovo del Parrozzo, storica sala da tè, bar e caffè della città.
Panettone e pandoro sì o no poco importa, ma a casa Natale non è Natale se in tavola manca il parrozzo e la caratteristica di questo dolce, per la presenza di semolino e mandorle in gran quantità, è la forte tendenza a sbriciolarsi al taglio, è un antico dolce tipico pescarese, assai diffuso in tutto l’Abruzzo, nato nel 1920 come “imitazione” di un pane rustico è un dolce tipico abruzzese da pan rozzo, che allieta le tavole regionali e non solo assieme ai più blasonati panettoni e pandori.
Dunque, un tripudio di sapori, il cioccolato si sposa alla perfezione con l’impasto interno, fragrante e delicato. Un gran bel contrasto tra l’amaricante della mandorla e l’equilibrato gusto del cioccolato. Perché è corroborante. È un valido surrogato dell’empatia della convivialità e d’Annunzio era goloso di questo dolce e ne decantava le lodi. Molti altri nomi illustri si sono espressi sulla bontà di questo dolce tra cui il Maestro Di Jorio che compose in musica la canzone del Parrozzo partendo dal testo scritto da Cesare De Titta.
Maria Ragionieri