Hanno lottato tanto per essere considerate delle atlete professioniste e non delle dilettanti. Hanno lottato per essere retribuite come i maschi. C’è una lunga storia di battaglie – spesso finite in tribunale – in tal senso e finalmente le giocatrici di calcio americane hanno vinto, siglando uno storico accordo per l’equal pay (la parità salariale tra calciatori e calciatrici) almeno nella Nazionale a Stelle e Strisce, perché nei club vige la legge di mercato. Un passo per colmare il gender gap, raggiungendo chi come la Norvegia lo ha fatto anni prima. Nel calcio in generale c’è ancora tanto da fare ed è prettamente maschile anche se lo sport non lo è più da un pezzo. Almeno da 10 anni nel nostro Paese secondo l’ISTAT ormai il numero delle donne che praticano sport ha superato quello degli uomini in Italia. E qualcosa comincia a muoversi se per esempio nel rugby, come riporta l’agenzia Ansa, la Federazione ha assicurato a 24 giocatrici che gravitano intorno alla Nazionale uno stipendio che permette loro di non dover lavorare, e quindi di essere fisicamente più preparate.
Lo sport che sicuramente è più avanti di tutti gli altri nel colmare il gender gap è sicuramente il tennis. La rivoluzione parte da lontano con l’epica “battaglia dei sessi”, episodio risalente a circa 50 anni fa quando è stata disputata la partita di tennis tra Billie Jean King e Bobby Rings. Era il 20 settembre del 1973, in piena rivoluzione sessuale, a confrontarsi la campionessa mondiale femminile e l’ex campione maschile. La campionessa all’inizio era restia, poi ha deciso che andava fatto perché come ha dichiarato lei stessa: “saremmo tornati indietro di 50 anni se non avessi vinto quella partita. Avrebbe rovinato il circuito femminile e fatto perdere l’autostima a tutte le donne”. Giocò il suo tennis aggressivo e all’attacco e vinse davanti a più di 30mila spettatori in tre set con il punteggio di 6-4, 6-3 e 6-3. Rimane uno degli eventi sportivi televisivi più visti di tutti i tempi, con 90 milioni di spettatori in tutto il mondo. Per diventare anche un film nel 2017 con Emma Stone e Steve Carrell nei panni dei due giocatori. E nonostante questo tra il primo Slam che ha introdotto la parità – lo US Open proprio in quei giorni del 1973 – e l’ultimo – Wimbledon nel 2007- sono passati ben 34 anni. Anni di battute sessiste. Anche se spesso si risolve in premi uguali solo per i vincitori. Per non parlare poi degli sponsor e delle leggi di mercato: lo sport maschile vende di più, incassa di più. Infatti, basta controllare la classifica annuale di Forbes degli sportivi più pagati, per trovare nei primi 50 solo due donne; non a caso due tenniste, e americane con Naomi Osaka al 19esimo posto e Serena Williams, che oltre che atleta è un complesso personaggio dello showbiz con tanto di famiglia al seguito. Fino alla storia del padre per cui Will Smith ha vinto l’Oscar quest’anno.
Storie di donne che lottano per altre donne, donne che vincono contro l’opposizione degli uomini, perché come sosteneva Virginia Woolf: “La storia dell’opposizione degli uomini all’emancipazione della donna è forse persino più interessante dell’emancipazione in sé”.
Angela Oliva