Il movimento ecologista non è certamente una novità. Ha origini sociali e filosofiche antiche, ma quelle idee hanno sostenuto le azioni di organizzazioni ambientaliste capaci di mobilitare le masse a partire dagli Anni 1960. Quello che ha mostrato è la capacità di diversificarsi, segnando diversi contesti sociali e periodi storici, fino ad influenzare le scelte politiche ed economiche locali, nazionali e globali. Dalle forme puramente movimentiste, anche non formalmente costituite, queste organizzazioni nate in seno alla società non sempre si strutturano in tempi brevi. Ma mostrano sempre una grande capacità di reazione all’attualità del momento: sia nel far proprie le campagne del momento, che nella capacità di fare rete, sia essa permanente o temporanea. Soprattutto perché specie dal ’68 in poi i movimenti ambientalisti sono spesso stati coinvolti anche su altre tematiche sociali e politiche, oltre puramente quella ambientale. Con una presenza tale nel tessuto socio-economico nel corso dei decenni tale da trasformarsi in veri e propri partiti, anche potenti come per citare solo un esempio i Verdi in Germania. Un fenomeno a cui abbiamo assistito in diversi Paesi occidentali e in maniera ricorsiva dalla fine degli Anni Sessanta ad oggi. Almeno fino all’avvento di Greta Thunberg. L’attivista svedese ha cambiato tutto!
Ne abbiamo parlato più e più volte nello spazio di questa rubrica tematica: di lei e del movimento che nemmeno tanto simbolicamente guida. Il suo approcciarsi alla scena pubblica – prima nazionale con il suo banco, il suo cartello, tutti i venerdì davanti scuola, quasi come un personaggio dei Peanuts – ha innegabilmente impersonato il cambiamento. Da quel 20 agosto del 2018, quando frequentava il nono anno di scuola a Stoccolma, in cui non si presentò in classe fino alle elezioni legislative del 9 settembre di quello stesso anno per sensibilizzare sulle eccezionali ondate di calore e sugli incendi boschivi senza precedenti che hanno colpito il suo Paese durante l’estate. Chiedeva come fa con forza oggi – e su tutti i palcoscenici e al cospetto, per nulla intimidita, di tutti i leader mondiali – di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Il suo slogan Skolstrejk för klimatet (Sciopero della scuola per il clima) lo abbiamo visto generare plasticamente il movimento dei Friday for Future: la cifra di questo potente nuovo cambiamento a cui abbiamo la fortuna di assistere ogni venerdì. Impegnato, giovane, verde e consapevole. A noi non resta che supportare a nostra volta il cambiamento almeno ogni venerdì, se non abbiamo la sensibilità di farlo ogni giorno.
Angela Oliva