Siamo alla vigilia della primavera 2023 – mancano solo pochi giorni al 21 marzo – ed è praticamente inevitabile manifestare il proprio bisogno di felicità. Complice è la stagione che riaccende la natura con i suoi colori più gioiosi, dopo il freddo dell’inverno che ci lasciamo alle spalle. Come se il creato ogni anno vivesse il passaggio dal letargo – come morte della vita naturale – a quel risveglio che coincide con l’equinozio di marzo.
Siamo alla ricerca, sollevandoci dal torpore, di quei semplici momenti di felicità che spesso sono personalissimi e che ci prendiamo anche solo passeggiando, ritrovando maggior tempo all’aria aperta. E sappiamo, allungandosi le giornate, che saranno di più le occasioni per goderci il paesaggio, le bellezze architettoniche, le persone care. Li abbiamo attesi, li abbiamo messi in conto. Ed è arrivato il momento, perché sono necessarie ad infondere quella linfa vitale che ci rende sereni.
Un desiderio idilliaco – forse poco realistico – specie se si pensa alle difficoltà che affrontiamo ogni giorno: materiali ed emotive. In una vita che corre, con ritmi dettati spesso non da noi, che non ci lasciano se non pochi momenti di tregua, minando il nostro desiderio di pace.
E allora tocca resistere: un piccolo momento di felicità dopo l’altro per lasciare che la primavera faccia il suo gioco e ci porti presto in quell’aprile dove è dolce anche dormire, magari con un mese di aprile che quest’anno sia diverso da quello del 2022. Che appariva somigliare di più a quello descritto da Maurizio De Giovanni nell’ultimo romanzo dedicato ad uno dei suoi personaggi più amati: il Commissario Ricciardi. Quel poliziotto “maledetto” perché può sentire le ultime parole dei defunti semplicemente passando dove sono morti e che lo scrittore racconta nell’aprile del 1939. Un periodo che per certe situazioni ed emozioni non sembra tanto lontano dal tempo che abbiamo vissuto di recente e che viviamo ancora oggi. Luigi Alfredo Ricciardi è alle prese con l’omicidio questa volta di una coppia di giovani amanti, che sognavano il proprio futuro: una vita felice insieme. Naturalmente il tutto accade a Napoli che avvolge il racconto tra le note di un doloroso e splendido tango argentino – da cui lo splendido libro prende il titolo – Caminito. E siccome questa rubrica adora le citazioni ci rivolgiamo proprio allo scrittore napoletano e alla sua ultima fatica letteraria per parlare di felicità, quando proprio dell’interpretazione di quel tango si parla:
“Tu, señora, hai ancora speranza. E per questo che non riesci a cantarla questa canzone. Almeno, non come dev’essere cantata. Il tuo dolore ha dentro un sogno, di ritorno e felicità“. E che ben venga il risveglio dei sogni, vecchi o nuovi che siano, che profumino tutti di felicità.
Angela Oliva