Un trionfo di piaceri per il palato
Sarò campanilista, ma quando sento un connazionale sottolineare le carenze della nostra splendida nazione, soprattutto quando ciò avviene all’estero, devo ammettere che provo un certo fastidio. Sia chiaro, non credo che i nostri problemi vadano nascosti sotto il tappeto (anche perché la sua superficie ormai avrebbe più di una collinetta…), ma se pensassimo prima di tutto ai grossi privilegi che il nostro Paese ci riserva e che il resto del mondo ci invidia, tutto il resto lo affronteremmo più serenamente e proattivamente.
Focalizziamoci oggi sui prodotti alimentari ed enologici: la varietà dell’offerta di cibo e di bevande italiane non ha eguali nel mondo! Alcune nazioni offrono produzioni vitivinicole assolutamente comparabili alle nostre (in realtà hanno metodi di vinificazione che riescono ad esaltare la materia prima iniziale, anche se quest’ultima non sempre è a livello di quella italiana), altre hanno un’offerta culinaria piuttosto variegata e interessante (a mio avviso però mai al nostro livello): nessuna offre entrambe le cose, se non la nostra terra.
Non mi viene in mente un’area italiana che non sia prodiga di materie prime animali e vegetali che esaltino l’esperienza del palato: qualunque preferenza è in grado di essere soddisfatta in vari modi, dai più semplici ai più ricercati e sofisticati.
Nelle mie esperienze di vita all’estero, quasi tutte le volte in cui ho mangiato e bevuto in modo superlativo vi erano in qualche modo coinvolte la cucina italiana e le sue materie prime: una carbonara eccellente ad Anversa preparata da un cuoco calabrese che aveva lasciato incontaminata la ricetta italiana, piuttosto che scampi e verdura conditi con olio crudo, mangiati in un ristorante affacciato su una splendida baia in Svezia, che ovviamente si faceva arrivare olio e verdura dall’Italia (lo chef, quando ha saputo che ero italiano, mi ha voluto mostrare la bolla di accompagnamento dei prodotti, che arrivavano dalla Puglia). Continuo con l’esperienza in crociera ai Caraibi, quando ci hanno proposto un brasato al Barolo che non avrebbe sfigurato nemmeno in un ristorante di Alba o di Savigliano, oppure la lasagna mangiata a Dubai, anch’essa preparata, con una ricetta di stretta osservanza italica, da uno chef anch’esso nostro connazionale.
Persino le istituzioni dell’Unione Europea, non sempre prodighe (erroneamente) di riconoscimenti nei nostri confronti, hanno situato l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) a Parma, luogo in cui si tiene anche CIBUS, una delle fiere alimentari più importanti al mondo. Doveroso ricordare anche, ça va sans dire, VINITALY, la più importante fiera vinicola al mondo: ogni ulteriore considerazione al riguardo è pleonastica…
Tutto questo bendidio è un trionfo di piaceri per il palato che ci pone al primo posto in Europa in termini di turismo enogastronomico: una meritatissima medaglia da sfoggiare con tutto l’orgoglio di essere Italiani.
Poi a volte un godurioso hamburger american style accompagnato da onion rings and/or chips ci sta tutto, oppure un sushi fatto come si deve non si rifiuta, ma alla fine della fiera si ritorna sempre verso i nostri lidi, a cercare qualcosa di buono inventato a casa nostra.
Detto ciò, se sento un connazionale che parla male dell’Italia, mi sarà pur concesso di diventare un po’ come l’automobilista di Gioele Dix o no?
Gerardo Altieri