Comunità l’uso del termine comunità da parte di Aristotele e della Bibbia testimonia una lunga storia del concetto di Comunità nel pensiero Occidentale (Nisbet 1953). L’antropologia se ne é impadronita fin dalle sue origini ottocentesche: le piccole dimensioni della comunità, il carattere omogeneo e chiuso, i rapporti sociali intensi e diretti tra i suoi membri vengono contrapposti alle caratteristiche delle formazioni sociali tipiche della società moderna. Senza un impegno consapevole per una solidarietà globale capace di unire i popoli e le persone, l’esperienza pandemica ha rischiato e rischia tuttora di acuire la moltiplicazione di barriere e muri generando diffidenza, divisione e allontanamento. La solidarietà meccanica della comunità, fondata sull’uguaglianza tra i membri, dalla solidarietà organica della società moderna, in cui gli individui hanno ruoli e occupazioni diverse. Quest’opposizione dicotomica… ha avuto fino agli anni Sessanta una forte influenza sul pensiero antropologico. E molti antropologi… negano la pertinenza dell’opposizione dicotomica ed evolutiva tra la comunità tradizionale e le aggregazioni o associazioni moderne….Cohen definisce la comunità un costrutto simbolico: « La comunità esiste nella mente dei membri e non dovrebbe essere confusa con l’affermazione geografica o sociografica di ” fatti”», nel fornire agli individui «l’equipaggiamento simbolico» in cui consiste la loro cultura, la comunità svolge, come l’idea di etnia, un ruolo essenziale che spiega la sua «rinascita» nel mondo moderno.
Si parla di società per indicare una rappresentazione collettiva di tipo “artificiale” e contrattuale, e pertanto più “anonima”, in cui le relazioni formali prevarrebbero sui rapporti interpersonali. “La teoria della società riguarda una costruzione artificiale, un aggregato di esseri umani che solo superficialmente assomiglia alla comunità, nella misura in cui anche in essa gli individui vivono pacificamente gli uni accanto agli altri. Però, mentre nella comunità gli esseri umani restano essenzialmente uniti nonostante i fattori che li separano, nella società restano essenzialmente separati nonostante i fattori che li uniscono”.
Il termine comunità rinvia ad una particolare intensità del sistema di relazioni sociali, dovuta alla vicinanza e alla solidarietà di gruppo, alla parentela e alla condizioni di arrivo, di alloggio e di lavoro; alla lingua detta d’origine e all’inter-lingua locale; alle pratiche relative al consumo e agli scambi familiari e rituali; ai segni di riconoscimento e alle forme, in particolare religiose, di affermazione collettiva, quando si parla di comunità si fa riferimento a individui in relazione continua, è logico affermare che proprio essendo relazioni in divenire legate al contesto sociopolitico ed economico si possano mettere in atto entrambi i tipi di relazioni con tutte le loro caratteristiche. L’espressione “sviluppo comunitario”, per designare l’insieme dei processi mediante i quali gli abitanti di una determinata zona uniscono i loro sforzi a quelli dei pubblici poteri allo scopo di migliorare la situazione economica, sociale e culturale della comunità, di associarla alla vita della nazione e di porla in grado di contribuire al processo del paese. Tutti questi processi presuppongono due elementi essenziali: la partecipazione attiva degli abitanti agli sforzi intrapresi per migliorare il livello di vita e la massima iniziativa possibile della popolazione stessa; la disponibilità di servizi tecnici ed altri in forma tale da favorire e rendere più efficace l’iniziativa, l’assistenza reciproca e l’aiutarsi da sé. È su tali elementi che si basano i programmi di sviluppo della comunità, la cui attuazione deve premettere di realizzare tutta una serie di definiti miglioramenti”. Lo sviluppo di comunità viene attivato utilizzando l’approccio partecipativo inteso come un processo attraverso il quale i cittadini possono contribuire collaborando con i tecnici e gli amministratori, alla formazione delle decisioni rispetto a questioni che riguardano la comunità e quindi la loro vita. Già all’epoca Romana riconoscersi come membri di uno stesso popolo e sentirsi legati alla continuità attraverso proprio passato e con il proprio futuro. Se tale obiettivo è la comunità stessa, si parla di partecipazione per allargare ancora maggiormente il senso della relazione comunitaria, in quanto partecipare significa prendere parte, cioè spinge gli individui a discutere a dialogare per costruire beni comuni. La partecipazione alla vita sociale della propria comunità e l’interessarsi alle dinamiche attive sul proprio territorio fanno in modo che si abbia la forza di autodirigere la propria vita e con gli altri la vita comune. La partecipazione è da intendersi come un processo intenzionale, libero, collettivo ed organizzato che coinvolge, in maniera differente, gli attori sociali. É una relazione che genera relazioni, tutte volte al raggiungimento di valori ed obiettivi costruiti e condivisi dai diversi attori coinvolti. È il motore del cambiamento e della trasformazione a livello sia individuale sia comunitario. E’ necessario contribuire a trasformare il Paese in una comunità aperta al futuro, valorizzando reti ed alleanze orientate a preservare e accrescere il valore del sistema Italia con impegno, operosità e solidarietà.
Partendo dal concetto antropologico di comunità, analizzando la complessità d’interpretazione, nei diversi ambiti di studio e l’evolversi del suo significato sino ad arrivar e al concetto di sviluppo di comunità, si è potuto notare come incentivare un maggior senso di appartenenza produca una maggiore collaborazione e stimoli i membri della comunità a partecipare alla realizzazione di politiche sociali mirate al benessere della comunità stessa. Il concetto di comunità pertanto non resta soltanto teorico e distaccato ma assume valore quanto più aumenta il grado di appartenenza e di partecipazione degli abitanti di una comunità. La capacità di un individuo, di un gruppo o di una comunità d’affrontare e superare le avversità della vita ossia la capacità di un materiale di ritrovare la sua forma originale dopo aver subito una deformazione inferta da forti pressioni. Ferite della vita che si possono ricucire grazie alla possibilità tutta umana di avvantaggiarsi delle situazioni problematiche per trasformarle in esperienze che aiutano a crescere e ripartire e non dipende però solo dalle proprie forze, ma anche dal saper chiedere aiuto e trovare chi lo può offrire nella comunità. I legami sociali e amicali rappresentano un fattore protettivo importante in certe situazioni drammatiche, il fondamento di una comunità è un valore condiviso da tutti i membri.
In tempi come questi occorre rafforzare i legami tra le persone nelle comunità: è necessario non solo incrementare il coinvolgimento del welfare sociale, ma anche stabilire il senso di appartenenza e di comunità tra istituzioni, imprese locali, attivisti culturali, volontari, governi locali e media locali. In tempi di crisi il focus è sul nostro capitale sociale e sulla cultura della responsabilità sociale, oltre agli interventi di natura economica, si aprano orizzonti di carattere antropologico, di difesa e valorizzazione del rapporto tra persona e comunità, di superamento dell’immediatismo egoistico, operando concretamente per indicare il primato dello sviluppo futuro.
La comunità ci manca perché ci manca la sicurezza, elemento fondamentale per una vita felice, ma che il mondo di oggi è sempre meno in grado di offrirci e sempre più riluttante a promettere. Ma la comunità resta pervicacemente assente, ci sfugge costantemente di mano o continua a disintegrarsi, perché la direzione in cui questo mondo ci sospinge nel tentativo di realizzare il nostro sogno di una vita sicura non ci avvicina affatto a tale meta; anziché mitigarsi, la nostra insicurezza aumenta di giorno in giorno, e così continuiamo a sognare.
Maria Ragionieri