E se Scrooge tornasse di moda… magari farebbe bene al Pianeta

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La modernità del canto dickensiano nella rappresentazione dell’umanità

Caldo e freddo non facevano effetto sulla persona di Scrooge. L’estate non gli dava calore, il rigido inverno non lo assiderava. Non c’era vento più aspro di lui, non c’era neve che cadesse più fitta, non c’era pioggia più inesorabile. Il cattivo tempo non sapeva da che parte pigliarlo. L’acquazzone, la neve, la grandine, il nevischio, per un sol verso si potevano vantare di essere da più di lui: più d’una volta si spargevano con larghezza: Scrooge no, mai.

Questa splendida citazione tratta da uno dei più celebri – forse il più noto al mondo – racconto natalizio: Canto di Natale – magistralmente racconta di un uomo capace di sfidare i fattori atmosferici. A Christmas Carol che nella titolazione originale di Being a Ghost-Story of Christmas racconta la conversione del vecchio tirchio Ebenezer Scrooge. Le visite notturne dei tre spiriti: Natale passato, presente e futuro, e del suo amico e collega Jacob Marley lo portano a maturare un profondo cambiamento. Il racconto del 1843 scritto da Charles Dickens lancia un messaggio chiaro nel solco del romanzo gotico: agendo in prima persona si può arrivare all’annullamento del male sociale, migliorare la propria interiorità e la condizione tutta della collettività. Come tutta la raccolta dei Libri di Natale affronta i temi della lotta alla povertà, dello sfruttamento minorile dilagante dell’epoca e dell’analfabetismo. Quanto è diverso poi con problemi diversi – ma non del tutto – dalle modalità di chi si batte per la salvaguardia del Pianeta? In un momento storico in cui forse l’atteggiamento parsimonioso di Scrooge potrebbe tornare quasi d’obbligo per fronteggiare la crisi energetica che viviamo e che ci ha costretto ad una riflessione a 360° sul presente e sul futuro. Il canto dickensiano non ha perso minimamente la sua portata poetica e capacità di rappresentare l’umanità e forse di declinarla in questo tempo. Per chi ama questa semplice e potentissima favola può tornare al cinema. 

È uscito infatti lo scorso 17 novembre una divertente versione in romanesco della favola inglese, ambientata all’epoca del Papa Re, precisamente nel 1829. Il principe di Roma ci porta nelle atmosfere seppur vicine nel tempo, ma agli antipodi, come lo è anche la comicità romana proprio dell’aspirante nobile protagonista ispirato a Scrooge e interpretato da Marco Giallini.  Cambiano anche i fantasmi, perché nella Capitale d’Italia non possono che essere “storici” e legati alla romanità del passato: Giordano Bruno (Filippo Timi), papa Borgia (Giuseppe Battiston) e di Beatrice Cenci (Denise Tantucci). Incontri potenti e divertenti pronti a rivelargli la verità sulle sue origini e dove sta il vero amore (Giulia Bevilacqua). Anche qui torna prepotente il messaggio del cambiamento necessario – nel comportamento del singolo – anche quando non viene compreso, o addirittura deriso, come racconta proprio lo scrittore inglese: “Risero alcuni di quel mutamento, ma egli li lasciava ridere e non vi badava; perché sapeva bene che molte cose buone, su questo mondo, cominciano sempre col muovere il riso in certa gente”.

In fondo quello che chiediamo per migliorare le sorti del Pianeta non è forse questo? Non è forse questo cambiamento che dobbiamo perseguire?

Angela Oliva

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