Le tante e bellissime cronache parlamentari delle elezioni presidenziali passate, anche quelle più drammatiche, sono un pallidissimo ricordo rispetto a quella che in qualche modo porterà all’elezione del prossimo Capo dello Stato. A votazione in corso, la settima, si annunciano ancora schede bianche e astensioni. Ma i nomi a forza di tentativi, più social che in Aula, si riducono drasticamente a 4. Con una classe politica, soprattutto a destra, che ha mostrato nella prima settimana, la fretta di intestarsi la persona scelta ed eletta per il Colle in piena ansia da prestazione.
ALCUNI FATTI POLITICI SALIENTI
I leader politici sono in grande difficoltà: soprattutto Matteo Salvini, il king maker designato dal Centrodestra, che si professava in diritto di ‘fare il nome‘- del suo schieramento – considerandosi maggioranza nel Paese. Apparentemente unito e granitico, dopo aver risolto l’impasse creata dalla volontà personale di Silvio Berlusconi di candidarsi al Colle. Che si ritira per lo scarso appoggio della sua stessa coalizione. Si rivela alla prova dei fatti l’opposto.
Il leader leghista è iperattivo, forse perché spaccato a metà, tirato tra la parte governativa – con la vicinanza di Giorgetti a Draghi, ma anche dei potentissimi governatori leghisti – e la sua personalissima corsa alla leadership in chiave elettorale sempre nel Centrodestra. La proposta della rosa di tre nomi – Pera, Nordio e Moratti, peraltro mai testati in Aula – viene in qualche modo affossata proprio dalla ‘rivale a destra’. Giorgia Meloni scatta in avanti e si ‘conta’ con il nome di Guido Crosetto, che supera con oltre 115 voti il 6.5% sulla carta di Fratelli d’Italia. Preso in contropiede dall’alleato e sentendo anche un po’ la pancia del Paese, a cui il segretario della Lega è continuamente connesso, tenta alla quinta votazione – in cui scende il quorum a 505, ma mai è stato eletto un Presidente – con la seconda carica dello Stato: Maria Elisabetta Alberti Casellati. Sulla carta contava 453 voti, si ferma a 382 l’autocandidatura della Presidente, evidentemente non amata dai grandi elettori. Che in questo parlamento vanno molto oltre il comportamento dei “franchi tiratori”, verso una completa autogestione, con i partiti che non li controllano più. Come si vede nelle dichiarazioni alla stampa in cui sono scomparsi i capigruppo, a favore dei leader (e dei social). Ognuno con le sue aspirazioni: far durare la legislatura o andare alle elezioni politiche.
Fulminante il titolo del Manifesto “Opzione Donna”: che fotografa la situazione all’indomani delle dichiarazioni di Salvini e Conte su una donna al Colle. L’esito dell’improvvida uscita che nei fatti ha tolto ogni speranza alla più forte candidatura – ma non considerata opportuna da tutti – quella di Elisabetta Belloni, oggi al vertice dei Servizi di Intelligence, prima ai vertici della Farnesina.
Nel centrosinistra dichiaratamente schierato in contropiede, hanno spiccato le fughe in solitaria di Conte, spesso ‘riportato’ nel gruppo da Di Maio stesso, in quell’universo parcellizzatissimo che sono i 5 Stelle, primo gruppo parlamentare italiano, ma incapace di incidere davvero.
COSA ACCADRA’?
Quando la confusione è tanta, il rischio di procrastinare ulteriormente aumenta il fattore sorpresa del voto segreto. La soluzione politica è Pierferdinando Casini, che sta catalizzando gli ex Dc in Parlamento tra destra e sinistra. Che non sono pochi, ma non bastano anche se coinvolgono nella soluzione centrista Forza Italia e Italia Viva. Debole però tra i grandi partiti, come pure in quello che lo ha eletto il PD.
La soluzione istituzionale, ma dopo quanto accaduto ieri, resta in seconda fila è quella di Giuliano Amato, nominato in queste ore Presidente della Consulta: ma sul nome serve una convergenza effettiva, per evitare di bruciare ancora un nome che rappresenta i vertici della struttura statale.
La soluzione internazionale di Mario Draghi: “il nonno a servizio delle istituzioni”, come lui stesso si è definito, stimato ovunque, tranne forse in qualche segreteria di partito. Forse un po’ ‘stufo’ della litigiosità della sua maggioranza. Ma il suo trasloco al Colle implicherebbe un accordo almeno sul Governo che verrebbe e che per la prima volta nella storia repubblicana vissuto dalla stessa persona in due ruoli diversi.
La soluzione Mattarella Bis: la sconfitta della politica e il sospiro di sollievo dell’Italia intera, con tutto nelle mani del Presidente che ha guidato il Paese. Che non ha mai ritenuto opportuna una riconferma, e a cui si chiede un grande sacrificio, da grande italiano quale è, a fronte di partiti sempre più trasparenti.
Angela Oliva