Una personalità definita
Il blu dell’Adriatico, il dorato della sabbia e le sfumature dei sassi della costa, un’ampia area verde con colline coltivate e il bianco delle cime innevate del Gran Sasso e della Maiella: questo è l’Abruzzo, una regione a colori che come uno scrigno custodisce genti, dialetti e tradizioni diverse. Eppure c’è un filo che unisce paesi, comuni, province, famiglie; un filo rosso dalle tinte violacee che evoca il colore del sangue. Tutte le anime di questa regione si fanno corpo attraverso un fluido rigeneratore che porta il nome di Montepulciano d’Abruzzo.
In Italia ci sono oltre 600 vitigni autoctoni, ma in Abruzzo ce n’è uno soltanto a bacca rossa, il Montepulciano, ed è logica conseguenza che, per molti abruzzesi, vino rosso e Montepulciano d’Abruzzo vengano considerati sinonimi.
Vitigno coriaceo, resistente che da un vino intenso, “sanguigno”, longevo. Il Montepulciano d’Abruzzo racconta molto del carattere indomito degli Abruzzesi e di una certa saggezza contadina applicata al lavoro e all’economia familiare. Insieme ne marca anche i limiti, quell’atteggiamento di diffidenza e quel pragmatismo a volte incapaci di valorizzare i propri sforzi, di aprirsi al Mondo fuori dai propri confini geografici e sociali.
Le tracce storiche sull’origine del Montepulciano sono poche. Per molto tempo si è pensato che esso avesse dei legami con la città di Montepulciano in Toscana e quindi con il Sangiovese. Ma studi come il “Saggio itinerario nazionale pel Paese de’ Peligni” di Michele Torcia di fine ‘700 e la Monografia storica di Sulmona dell’anno 1852 di Serafini, indicano con chiarezza che il vitigno era già stato identificato come separato dal Sangiovese (con il quale tra l’altro ha ben poco in comune) e che le sue origini sono nella Valle Peligna.
Nel 1926 Bruno Bruni affermò: “pochi vitigni hanno differenze di caratteri e di attitudini così profonde come il Sangiovese e il Montepulciano per conseguenza non si debbono confondere.”
E aveva perfettamente ragione! Italo Cosmo, finalmente, nel 1948, con descrizioni e studi comparativi, toglierà ogni dubbio sulla autonoma individualità dei due vitigni.
Per le condizioni pedo-climatiche ideali, la voce vino in Abruzzo è sempre stata importante e dall’ottenimento della Doc Montepulciano d’Abruzzo nel 1968 a oggi, il lavoro più impegnativo è stato quello di concentrare le energie verso una produzione di qualità. Edoardo Valentini, Emidio Pepe, Nicola Santoleri, Gianni Masciarelli sono alcuni dei nomi dei vignaioli che, per primi, hanno creduto nella potenza del vitigno e del territorio prefissandosi l’obiettivo di fare un vino dalla personalità definita; ponendo l’accento anche sul suo potenziale di invecchiamento.
Difficile delineare le caratteristiche di un vino in teoria, perché la sua grandezza deriva proprio dalle diverse sfumature che assume a seconda della zona di produzione, dell’andamento dell’annata e delle scelte fatte dal produttore. Certo è che il Montepulciano d’Abruzzo sa esprimersi sempre con un colore rosso intenso e compatto, una notevole complessità olfattiva ed equilibrio gustativo; un suo punto di forza è quello di dare grandi vini sia nelle versioni più giovani, con semplici affinamenti in acciaio, che in quelle più evolute, con affinamento in botte o barrique, senza trascurare altri contenitori come le vasche in cemento o l’anfora in terracotta.
Dott.ssa Graziana Troisi
Sommelier
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