
Facciamo un po’ di chiarezza.
LGBTQIA+. Che cos’è?
Sfogliando fra le prime pagine di Google Search troverete sicuramente un articolo semplice ma molto esaustivo, su Leggo.it.
Qui l’autrice Barbara Gubellini riesce a dare una spiegazione chiara e semplice di questo acronimo:
“Si parla molto della Legge Zan ma c’è un acronimo, legato a questa legge, di cui non tutti conoscono bene il significato: LGBTQIA.
L= Lesbiche: donne sessualmente attratte da donne.
G= Gay: uomini sessualmente attratti da uomini.
B= Bisessuali: attratti da entrambi i sessi.
T= Transgender, cioè chi nasce con un sesso ma si sente del sesso opposto, perché rifiuta l’identità del genere al quale biologicamente appartiene.
Q ha due significati: Queer e Questioning (domandarsi).
Se le donne che si sentono donne e gli uomini che si sentono uomini sono chiamati Cisgender, i Queer sono tutti coloro che non si sentono cisgender. Ma la Q sta anche per Questioning perché queste persone, i Queer, ancora si stanno domandando se si sentono uomini o donne.
I= Intersessuali: nascono con caratteristiche sessuali sia maschili che femminili e può essere un problema oppure no, perché un intersessuale può sentirsi totalmente uomo o totalmente donna o non sentirsi certo della propria identità.
L’ultima, la A= Asessuali: coloro che non provano pulsioni sessuali, non sono interessati al sesso.”
E il + a cosa si riferisce? Il simbolo + significa che l’elenco potrebbe proseguire con altre espressioni del genere e della sessualità (persone gender fluid, gender queer, gender creative, non-binarie, pansessuali, demisessuali ecc.). C’è un interessante libro e-book di Lorenzo Bernini, edito da Treccani, che potrebbe essere utile per approfondire l’argomento.
In un contesto come quello italiano, che ancora molto si impressiona per le diversità (non solo sessuali), questo acronimo può avere effetti molto più grandi del previsto.
E nello stesso tempo, potrebbe non avere alcun senso, in realtà.
E in tutto questo, dove sta la notizia?
La notizia è che nella notte di Capodanno ci sono state molestie in Piazza Duomo, a Milano. Piazza Duomo. Uno dei simboli più grandi di integrazione e scambio culturale d’Italia. Più di 8 milioni di persone l’anno decidono di visitare il centro della città di Milano. Lingue diverse, mondi diversi. È una notizia che fa riflettere. Non solo perché ripone nuovamente l’accento su un altro tema scottante, che è la violenza sessuale, ma soprattutto perché ci fa capire che non siamo un paese così emancipato come crediamo di essere.
L’altra notizia, dove sta?
L’altra notizia è che l’Italia non è un Paese accogliente. In 18 anni ci sono stati 7.426 episodi di ordinario razzismo. Emerge questo sul libro bianco dell’associazione Lunaria che raccoglie le segnalazioni dal 1° gennaio 2008 e il 31 marzo 2020. Parliamo di ben 5.340 casi di violenze verbali, 901 aggressioni fisiche contro la persona, 177 danneggiamenti alla proprietà, 1.008 casi di discriminazione.
L’Italia, in buona parte, fa molta fatica ad accettare le diversità.
E il DDL ZAN? Il disegno di legge anti-omofobia?
Ricordiamo in questa occasione che il filo conduttore di questo disegno di legge è quello della «prevenzione e del contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità».
Un testo breve, 10 articoli in tutto, che punta innanzitutto a modificare l’articolo 604-bis del Codice Penale, sul reato di “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa“. L’articolo del codice penale prevede “la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
Il Ddl Zan aggiungerebbe all’articolo già citato le seguenti parole: “oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.”
Verrebbe modificato anche l’articolo 604-ter sulle circostanze aggravanti “Per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo (…) ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità.”
Il ddl Zan, in Senato, si è fermato. Forse ci si riprova fra sei mesi.
L’Italia si sta guardando allo specchio. E forse fa fatica ad accettare le sue diversità. Diversità di una società nuova rispetto a quella dei nostri genitori, o dei nostri nonni. La nostra è una società fatta di persone non del tutto soddisfatte che vorrebbero tanto uscire dal proprio guscio. Ma non ci riescono, perché le mura di casa sono troppo spesse e senza finestre, per spiccare il volo. Perché è nelle mura di casa che, solitamente, nascono i primi attriti quando c’è chi scopre un gusto sessuale differente da quello canonico. Ricordiamo in queste righe di essere il primo Paese di “mammoni” in Europa. Amiamo, cioè, rimanere a casa. Amiamo i nostri genitori e le nostre famiglie. Ma le nostre famiglie non sempre accettano le “nostre” aperture mentali. Si crea così una frattura enorme fra la vecchia e la nuova generazione. Fra chi ha sempre vissuto a pane, olio e famiglia. I nostri nonni.
E fra chi vive fra sushi, instagram e orizzonti sessuali nuovi. I nostri figli.
Nascono i sensi di colpa, i desideri inespressi, le frustrazioni che portano a una fuga da tutto.
Nel frattempo, inventiamo nuove targhe. LGBTQIA+ ne è un’altra.
Ma le targhe si danno alle autovetture. Non agli esseri umani, che le macchine le hanno inventate per scoprire nuovi mondi.
Riusciranno, questi mondi, a vivere nel giusto rispetto e nella giusta armonia?
Voi cosa ne pensate?
Marco Cassini