La sostenibilità nell’arte e … sui social

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La sostenibilità e i temi ambientali sono entrati sempre di più prepotentemente anche nel mondo dell’arte. Strumento che, come pochi, è capace di aumentare la consapevolezza del pubblico incoraggiando le azioni a protezione della natura; promuovendo la conservazione del Pianeta e non ultimo incentivando l’impegno politico. Ma non è solo una questione di agenda dei media e predominanza delle tematiche legate alla transizione ecologica e al PNRR. 

L’origine dell’‘arte sostenibile’ si può collocare tra la fine degli Anni ‘60 e i primi anni ‘70, periodo in cui molti artisti iniziano a mostrarsi contrari a certe scelte molto impattanti sull’ambiente. Sono gli anni in cui negli Stati Uniti emerge la Land art con l’artista che agisce sulla natura: deserti, laghi, mari, praterie. Ma è con la fine della Guerra Fredda nel 1989 che emerge una rinnovata consapevolezza globale su ecologia, giustizia sociale, non violenza e democrazia. Cambiano i materiali usati per creare le opere: di riciclo, non tossici, sui cambiamenti climatici e salvaguardia della natura. Arriva anche l’apporto della tecnologia che può essere un valido supporto per lo sviluppo sostenibile.

Spesso è l’ambiente stesso che diventa un’opera d’arte, richiamando l’attenzione sui danni dell’inquinamento dell’aria e degli oceani, riscaldamento globale, la deforestazione e le conseguenze dei consumi di massa sull’ambiente. Con materiali, anch’essi naturali come la terra, le pietre, le foglie e i rami. Quella nota come arte del suolo ad esempio modifica i paesaggi con delle installazioni su larga scala. Nasce negli States nei primi Anni ’60. L’arte povera, nata in Italia nello stesso periodo, è caratterizzata da materiali “poveri” che sono facilmente reperibili, come la terra, le pietre, le piante. 

Non pochi gli artisti che possiamo classificare come “green”: il danese Olafur Eliasson, Sebastião Salgado, Tomás Saraceno, l’artista sciamano noto per i sacchetti in crochet Ernesto Neto; Daan Roosegaarde autore della Van Gogh Path, la pista ciclabile che riproduce il dipinto di Van Gogh Notte stellata. O le opere di Elena Paroucheva note come “sculture del vento”.

Solo nel 2020 in Italia sono stati pubblicati sui social network 69.300 contenuti che avevano almeno un hashtag legato alla sostenibilità, con un trend in crescita del 40% sull’anno prima, con Instagram a farla da padrone. Sono i numeri dei green influencer. La loro classifica la pubblica Il Sole 24 ore per l’Italia facendo emergere: la fashion designer Camilla Mendini; lo chef stellato Norbert Niederkofler, e i suoi Care’s The Ethical Chef Days, dedicati alla cucina etica; la testimonial del WWF Lisa CasaliGreenwomam, il profilo dedicato a crescere un figlio in modo sostenibile, come Storie Sfuse sulla plastic free. Chiudono la classifica due volti noti della TV: Tessa Gelisio presidente della forPlanet Onlus e autrice del blog Ecocentrica, e Lucia Cuffaro, autrice del blog Autoproduciamo.

Angela Oliva

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