Dal pentapartito al Cavaliere: com’è cambiato il Paese?

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I mali antichi di questo Paese restano purtroppo, implacabilmente gli stessi.

Questo perché, ci sono state opportunità formidabili, ma custodite nelle mani sbagliate, che non hanno consentito all’Italia di emanciparsi e di sbarazzarsi dei suddetti mali antichi.

A cosa mi riferisco? Alla convinzione che il “sistema Stato” sia da considerare ostile ed avverso al privato cittadino.

In questo senso i mali endemici erano presenti nel pentapartito e si sono acuiti con la famosa “discesa in campo” del Cavaliere che è servita solo a promulgare leggi che lo favorissero, ma nulla è stato fatto perché i cittadini italiani si allontanassero dal loro modo “furbo e opportunistico” di intendere la relazione con il Paese.

Al contrario: ho sentito in questi giorni che il Cavaliere fosse un “rabdomante dei comportamenti dei cittadini italiani”: ovverosia la sua politica si è basata sull’intercettare le consuetudini delle persone, per trasformarle in riconoscimenti plausibili dei suoi elettori.

In sostanza, al pari del “cercatore  d’acqua” che individua il punto  da cui potrà zampillare una sorgente, Berlusconi individua con raro acume un modo diffuso dell’essere nel cittadino, salvo poi a trasformarlo in un suo seguace.

Quindi il Paese non solo non è cambiato, perché se lo fosse, lo sarebbe stato in peggio.

Mi viene da pensare alla battuta del Cavaliere rispetto al sopraggiungere di malintenzionati che, nel momento in cui gli viene fatto presente che si tratta di ladri individuati nei paraggi, lui tira un sospiro di sollievo mormorando: “meno male, temevo fosse la Guardia di Finanza”.

Stiamo parlando dello stesso Corpo militarizzato dello Stato che svolge la sua opera di contrasto alla diffusione, ad esempio, delle sostanze stupefacenti, la cui capacità di arrestare questo flusso di droga, appare evidentemente impossibile, tanta è la ramificazione degli spacciatori che portano a destinazione la propria opera di rifornimento a favore dei tossicodipendenti.

E’ presto per dire se la scomparsa del Cavaliere porterà ad una inversione dei modelli di vita e degli stili nel comportamento nel nostro Paese.

Quello di cui l’Italia ha davvero bisogno è una ritrovata coesione senza personaggi dall’ego smisurato e dal narcisistico bisogno di visibilità.

Sarebbe fuori luogo qualsiasi desiderio di supremazia che trovasse consensi e accoglimenti.

Quindi mi sento di dire che il Paese “può” essere candidato a cambiare, ma tutti dovranno fare la loro parte, abbassando i toni ed evitando qualsiasi esercizio di forza muscolare o di superomismo, su cui è bene che per un po’ cali il sipario.

Forse un modello di vita diffuso, più all’insegna della sobrietà e della discrezione, potrà far risplendere il Bel Paese, che è e rimane uno scenario di stupende diversità, complementari le une alle altre. 

Ernesto Albanello

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