Da sempre il cosmo ha affascinato il genere umano, accreditandolo prima di poteri divini (i pianeti e le stelle associati alle antiche divinità greche), poi di poter influenzare gli eventi (l’astrologia indaga quello, provando a dare una parvenza di base scientifica), oggi come frontiera dell’ignoto (semicit. Star Trek). Il cosmo è anche stato una presenza fissa in tutte le arti: i poeti e gli scrittori, la cinematografia e, più in generale, le arti visive hanno sempre avuto grande attenzione a questo enorme contenitore che è l’universo (una sfera del diametro di 92 miliardi di anni luce, in continua espansione) che ingloba la nostra microscopica Terra.
Ammetto di essere io stesso estremamente affascinato dall’universo, che mi ha portato ad appassionarmi di fantascienza: uno dei miei libri preferiti è “Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams, insieme a “Terra!” di Stefano Benni, senza contare le varie saghe cinematografiche, da Guerre Stellari a Star Trek e così via (una menzione particolare per Balle Spaziali di Mel Brooks: un capolavoro!).
Tornando con i piedi per terra, la ricerca scientifica ha investito cospicui capitali nello studio del cosmo e molti si sono chiesti perché sprecare risorse materiali e intellettive per qualcosa per cui non è ancora chiaro quali vantaggi possa dare alle nostre vite: pur non essendo un addetto ai lavori, nè un profondo cultore scientifico della materia, io ci vedo dei vantaggi, eccome!
Quando ho fatto i vari esami universitari di chimica e fisica ho imparato che ci sono delle importanti affinità tra l’infinitamente grande (l’universo) e l’infinitamente piccolo (il mondo subatomico): studiare l’uno aiuta lo studio dell’altro e viceversa, perciò viva l’astronomia e benedetti siano gli investimenti ad essa indirizzati!
Dall’altro lato, il vil denaro ha attirato (giustamente) l’attenzione dei vari tycoon che negli ultimi anni sono diventati i protagonisti dei mercati finanziari: in questo caso Elon Musk, Jeff Bezos e Richard Branson hanno principalmente investito nella ricerca per i viaggi spaziali. Personalmente credo che la principale molla che li abbia mossi sia stata quella della visibilità mediatica delle loro aziende, ma sono convinto che in un futuro a medio/lungo termine ci saranno comunque dei risvolti vantaggiosi anche a livello scientifico. Le colonie che pianificano di realizzare sulla Luna saranno il trampolino di lancio per altri viaggi, ma anche l’ambiente in cui studiare la materia e realizzare esperimenti in condizioni che sulla Terra sono riproducibili solo artificialmente, perciò con un grado di identità inferiore al 100%.
Questa ricerca verso l’ignoto (con la visibilità derivante dai nomi altisonanti che ci investono) è una formidabile molla per attivare una sanissima competizione in tutti gli ambiti scientifici: gli studiosi che si cullano sugli allori dei risultati raggiunti nel passato sono destinati a mangiare la polvere di chi ha fame di novità e di risultati. Non è più tempo di dogmi immutabili, ma è il tempo delle assumptions impossibili, che stimolano davvero a pensare “out of the box”: è così che si arriva a risultati inimmaginabili. Ci sono stati e ci saranno tanti studi che sfoceranno in un nulla di fatto, ma ciò non fermerà i visionari che si porranno sempre una domanda in più delle risposte che ricevono.
Gerardo Altieri