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L’immagine che farà storia. Le storie che non faranno storia

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L’immagine che farà storia. Le storie che non faranno storia

Passano i giorni, ma le bombe non si fermano. Negoziati ce ne sono stati. Eccome se ce ne sono stati. Dalla Bielorussia alla Turchia, tanti sono stati i tavoli su cui si sono seduti i luminari della diplomazia. È servito a salvare le vite dei poveri bambini innocenti che hanno subìto un attacco in un ospedale? A quanto pare no. 

Intanto, da quel che sappiamo, è già morto uno dei negoziatori presenti nel primo vero round fra Ucraina e Russia. La foto di quel giorno ha fatto il giro del mondo. Ve la ricordate? Il colloquio fra le due fazioni è durato oltre due ore. I russi vestiti in modo quasi impeccabile da una parte. Gli ucraini in tenuta quasi sportiva dall’altra. Da una parte lo sguardo di chi non ha una guerra in casa. Dall’altra il terrore negli occhi di chi ha appena visto un carro armato investire l’automobile di un civile inerme e innocente  che era in giro con la sua macchina nella sua città, nel suo PAESE, nel suo STATO.  Non avete visto questo video? È anche sui social. Recuperatelo. 

L’immagine di questo primo colloquio, che farà storia, racconta moltissimo della banalità disarmante dei nostri tempi, che ancora una volta devono ricorrere al conflitto bellico per risolvere questioni ideologiche, storiche, religiose, economiche. 

Che pena, questa umanità, ridotta a tanta banalità. 

Uno degli esponenti ucraini, in questa prima negoziazione, aveva uno scanzonato cappellino. Sembrava quasi una partita di Dungeons & Dragons. O un’asta del fantacalcio. Neanche una donna, su quei tavoli, a negoziare. Solo maschietti che si appuntavano cose, che promettevano una risoluzione, che mostravano l’ego prima ancora che il noi. 

Che pena.  

E nel momento in cui hanno iniziato a parlare, noi qui in Europa eravamo tutti col fiato sospeso ad aspettare che facessero pace. Come quando aspettavamo che due compagni alle scuole elementari facessero pace perché qualcuno aveva rubato il giocattolo dell’altro. “Eddaiii suuu… Fate pace, suuuu. Siamo amichetti, noi… e dai e dai e dai”.

Il nostro atteggiamento viziato e vagamente schizoide ci ha portato a fare storie, post, articoli in cui si urlava a gran voce “basta con la guerra”. Basta litigare, ragazzi. Non bisticciate, orsù. 

E allora eccoci che  prepariamo un dolce alla nutella e lo dedichiamo all’Ucraina. 

Mentre i bambini innocenti muoiono sotto i colpi di una guerra senza senso noi postiamo una bella foto, magari col perizoma in bella vista sotto un leggins della nike dell’ultimo grido, e tiriamo fuori dal nostro forno un prelibatissimo dolce da dedicare alle vittime. 

Postiamo, postiamo, postiamo, non facciamo che postare, ma ci dimentichiamo che in Siria, Yemen, Etiopia, Sael, Nigeria, Afghanistan, Libano, Sudan, c’è chi muore sotto le bombe allo stesso modo e nessuno posta un cazzo. Come dite? Loro non sono europei? Cos’è, ne facciamo una questione di razza, adesso? La Costituzione italiana parla chiaro: l’Italia non vuole la guerra. Qualunque essa sia. 

Ma i social non parlano che di Ucraina. E allora ecco che ci trasformiamo anche noi in esperti di politica internazionale dopo aver abbandonato la veste dei medici esperti di Sars – Covid 19. A proposito, non perdete il prossimo episodio di “Chi l’ha visto?”: il virus sembra essere scomparso dalle scene. Non dagli ospedali, però. 

Ma adesso, non è più tempo di Covid. È tempo per manifestare in piazza, con le bandierine a forma di arcobaleno, fra un sorriso e una boccata di sigaretta! Oh si! Pace! Fate la pace, orsù!  

E per un attimo, in mezzo a tutta quella gente ci sembra quasi di conquistare un posto nel mondo. Attenzione: non stiamo conquistando terreno nella lotta per avere la pace nel mondo. Stiamo solo conquistando un posto nel mondo per noi stessi. Perché ciò che facciamo ci fa sentire importanti. 

Intanto la stampa pubblica foto di bambini mutilati, reporters uccisi…

Immagini che sono più potenti del nostro ego disturbato dal fatto che un giorno potremmo non avere più le Barbie, la Play Station, l’Hamburger con patatine e i negozi dove acquistare maglioni a dieci euro grazie allo sfruttamento minorile. 

Speravamo che tutto si risolvesse in un attimo. Ma si, ora negoziano e finisce tutto. Come una storia di instagram, no? Che dopo qualche secondo vola via, per dare spazio a un’altra storia che sicuramente sarà più figa di quella precedente. Alla fine, è così che stiamo affrontando la nostra vita. Come una storia da postare sui social. Troppo fugace per essere ricordata. 

Troppo stupida e superficiale per descriverci appieno. 

Troppo egocentrica per essere risolutiva. 

Intanto, però, qualcuno invoca lo spettro nucleare. 

Intanto, però, bambini innocenti stanno morendo in tanti Paesi nel mondo.

Le guerre non si fermano. 

Sarà così fino a quando cercheremo di conquistare un posto per noi stessi, dimenticandoci degli altri. 

Marco Cassini

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