Quale è lo stato di salute della stampa in Italia?
Macron sta cercando di incontrare Putin di persona. Pare che il francese sia l’unico esponente politico occidentale ancora in grado di dialogare con il Cremlino.
Draghi, intanto, ha seriamente messo in discussione il “Bonus 110”, uno dei punti cardine del Movimento 5 Stelle e di Giuseppe Conte.
Le mascherine, a breve, potrebbero non essere più necessarie (davvero?) e del vaccino non si parla già più. Ma come: fino a poco prima della guerra in Ucraina non si faceva che parlare di vaccini come unica soluzione possibile alla salvezza…
E adesso?
Ma come: fino a poco tempo fa dovevamo preoccuparci del riscaldamento globale e adesso?
Rinforziamo gli arsenali e finanziamo una guerra a suon di missili? Ma quello che sta succedendo in Ucraina che impatto potrebbe avere a livello climatico? Perché nessuno parla di quanto inquina una guerra? E di quanto inquina un “semplice” test nucleare? Perché non se ne parla?
Va così.
Qui è un attimo che le cose cambiano. Puf. Finito tutto. E l’informazione si focalizza su tutt’altro. Puf. È un attimo. Ed è un po’ strano.
È un libro che si ferma prima ancora del suo capitolo finale.
È un errore, se stessimo scrivendo una storia. Non c’è continuità di personaggi, luoghi, ambientazione.
La pandemia ha portato a scelte e decisioni da parte del Governo, che adesso vengono pesantemente messe in discussione, contraddette. In alcuni casi, si fa persino il contrario di quanto stabilito in precedenza. O addirittura si scrive una nuova storia, dimenticandoci di quella vecchia!
E la stampa? Riesce a raccontare le contraddizioni di questo momento storico?
Eh… Il problema è anche qui. È soprattutto qui.
L’informazione. La notizia. La cultura della conoscenza. La stampa.
In un periodo storico così complesso e altalenante, la grande assente fra le risorse energetiche di cui un Paese ha bisogno è proprio… LA STAMPA!
C’è un susseguirsi di notizie quasi vorticoso, negli ultimi tempi.
C’è tantissimo da dire! Eppure pare che a nessuno importi più nulla di ciò che scrivono i giornali. Non i blog, o i post! I giornali! I quotidiani!
I numeri, infatti, ci dicono che la Stampa, in Italia, sta crollando.
Pensate, ogni giorno in Italia chiudono due giornalai!
Non a caso, INTERNAZIONALE è uscito con un numero (quello del 5 maggio) che farà probabilmente storia. La copertina la trovate qui.
Rinaldo Gianola, sempre su Internazionale, scrive: “la crisi dei quotidiani e il loro passaggio sulla rete sono accompagnate da una bagarre di voci, falsità, complottismi. Assistiamo alla progressiva scomparsa di un mondo legato al passato ma non si è ancora affermato un sistema nuovo”.
Giulio Gambino, sempre su “Internazionale”, scrive: “l’informazione è uno di quei settori che, se non avesse avuto finanziamenti e forme varie di contributi pubblici, sarebbe morto già da un pezzo. Prendete le agenzie di stampa: sono la fonte primaria per eccellenza. È ciò da cui nascono le notizie. Senza entrare nel merito delle proprietà da cui alcune dipendono (Eni, per dirne una), il sistema fa sì che parte dei loro finanziamenti provengano dal Governo, tramite il Dipartimento per l’informazione e l’editoria.”
Che la politica finanzi la stampa non è notizia di oggi.
Ma fa notizia il fatto che i giornali non vengono più presi sul serio dai lettori!
E per molti esperti pare che il problema principale della Stampa risieda proprio nella sua credibilità.
Il passaggio con la modernità, poi, è stato un flop!
Spesso i politici sono scrittori e gli scrittori politici.
È evidente quanto questa posizione porti a rendere la stampa un resoconto del potere anziché una documentazione per la gente. È altrettanto evidente che ci sia un conflitto di interessi enorme, qui.
La gente comune, spesso giudicata come ignorante o poco informata, tende a non prendere più troppo sul serio quel che viene pubblicato, anche dalle testate più importanti.
Il fatto è che spesso chi è a capo dell’editoria non è un editore, e la stampa viene utilizzata per esercitare un’influenza su cose che poi con l’informazione nuda e cruda non c’entrano proprio niente.
Quella che dovrebbe essere la principale fonte di energia di informazione e cultura diviene così un veicolo di diffusione politically correct e quasi mai oggettivo.
Siamo in un periodo di propaganda, allora? Fa tutto schifo e i giornali pure? Ma ovvio che no!
Siamo piuttosto in un periodo in cui la figura del giornalismo viene messa in discussione.
Vige la regola del “ne so più io di te, perché io mi informo nel posto giusto, mentre tu no”.
Oppure vige la regola del: “ma che ne sai tu? I giornali scrivono un sacco di cazzate. Informati qui anziché lì.”. A giudicare da come la stampa ha raccontato gli ultimissimi tempi, dimenticandosi totalmente degli ultimi tempi, ci dimostra purtroppo che il grido d’allarme di “Internazionale” è una realtà: raccontando al mondo intero che i vaccini fossero l’unica via in modo così ridondante, parlare dei no vax come di antagonisti cattivi e pericolosi, la stampa (l’intera stampa!) si è letteralmente tirata una zappa sui piedi. Gli argomenti scottanti degli ultimi tempi avrebbero potuto ridare lustro all’informazione. Avrebbero potuto aprire dibattiti interessanti, costruttivi. E invece niente: spesso c’è sempre un solo punto di vista su una notizia. E spesso è superficiale. È un attimo che… Puf! Ciao. Si abbandona una storia e se ne incomincia un’altra. Ma quella precedente non è affatto chiusa!!!
Lo stesso errore lo stiamo facendo con la guerra in Ucraina. Non è che se continuiamo a scrivere che i russi sono cattivi allora il popolo italiano si convince che i russi siano cattivi.
Saremo un popolo di ignoranti, ma di certo non siamo superficiali.
Il problema è tutto qui.
Riusciremo ancora a fidarci di chi scrive?
Ma soprattutto: la stampa avrà il coraggio di tornare a essere ciò che deve, senza se e senza ma, senza compromessi? Potrà diventare l’energia propulsiva che serve alla cultura italiana per elevarsi?
Nel frattempo recuperate “il caso Spotlight”. Straordinario film sul mondo del giornalismo. Quello più bello. Quello più elevato e romantico. Quello per cui val la pena di dire: la stampa non può morire.
Marco Cassini