La scuola non è nello studio ma nello stare insieme

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Siamo a Roma tra il 90 e il 96 d.C. sotto la corte dell’imperatore Domiziano, un oratore e maestro di nome Quintiliano scrive un’opera dedicata al suo amico Vittorio Marcello, per l’educazione del figlio Geta l’Istitutio oratoria.

Quintiliano fu un visionario: oltre ad inserire metodi di apprendimento dell’arte oratoria aggiunse nella sua opera consigli pedagogici per il corretto apprendimento delle arti retoriche dando tanti suggerimenti didattici.

Uno tra i più importanti è sicuramente quello della collettività nella scuola. 

Già a Roma avevano capito che per imparare non si può essere soli. A Roma ma non solo, sicuramente che prima. 

I Greci furono maestri, non a caso, di arti pedagogiche in tutti gli ambiti del reale, dalle scienze alla guerra. Avevano capito e appreso che tutto deve avvenire in collettività, soprattutto la conoscenza e lo studio di materie, arti e concetti. Si deve unire i ragazzi (e gli uomini) per acquisire insieme ma anche per autocorreggersi e aiutarsi. 

Nelle culture antiche il senso di ‘società’ era forte anche e soprattutto negli ambiti dell’insegnamento, distinguendo anche spesso tra generi sessuali. Le donne con le donne. Gli uomini con gli uomini. 

Ma non basta solo l’unione di più studenti per creare una buona scuola. Una caratteristica fondamentale è il maestro. Socrate, Platone, Aristotele, Quintiliano stesso, giusto per citare dei nomi a caso, furono prima allievi e poi eccellenti maestri. Ma cosa li rese tali? I concetti divulgati? La semplicità nelle loro parole? 

Ciò che li rese i migliori fu sicuramente il loro pensiero su cui si basa ancora oggi il nostro modo di decodificare la realtà. Il fatto più importante fu la trasmissione dell’Eros. Furono maestri in grado di far innamorare i loro allievi (per millenni) di ciò che loro pensavano e dicevano.

Ed oggi? La scuola è disgregante e confusionaria. Oltre alle ore di apprendimento delle materie fondamentali per la comprensione della vita, si dovrebbero investire ore e spazi ricreativi per i ragazzi.

Pensate che la letteratura sia importante, lo è sicuramente, ma quanto valore acquista quando una classe di ragazzi la porta sul palco di un teatro. Dove magari proprio quei due vengono scelti per fare Renzo e Lucia che si sa che si piacciono ma sono troppo timidi per dirselo, o magari dove il più simpatico della classe rivisita una commedia greca nel dialetto locale facendola capire finalmente anche a quei quattro in fondo all’aula che parlano troppo e non ascoltano mai. 

Non pensate sia questa la scuola? Quella che in Italia abbiamo a stento.

 Il latino e il greco, che sono lingue morte, sono fondamentali. Ad esempio, il latino prima di essere la lingua della scienza è la lingua del pensiero primario e se un concetto non ha un nome non lo si conosce come tale.

Ma quanti di noi ricordano il latino? Noi ricordiamo le lezioni di quella dolce professoressa che non faceva altro che trasmettere amore per la materia, perché come leggeva lei quelle poesie nessuna altra sapeva farlo, anche Leopardi si sarebbe commosso; o quel professore di matematica, troppo simpatico e semplice, non si stancava mai di spiegare anche quando, per la decima volta, non avevi capito quel passaggio in quella maledetta equazione; o il professore di filosofia, illuminato e saggio, mi ha fatto innamorare di Hegel manco fosse lui stesso a spiegare.

Questo ci ricordiamo, l’amore che un docente trasmette rimane per sempre ed è a quell’amore che si attaccano i concetti. Ma quanti professori sono così oggi? Oggi dove, se non riesci a fare il mestiere per cui hai studiato fai i concorsi per fare il professore, d’altronde è un lavoro pubblico, ferie pagate, tredicesima e quattordicesima. 

Non voglio essere troppo dura ma è proprio così che si distrugge un sistema statale, sfornano persone svogliate e ignoranti vittime di persone altrettanto svogliate e fuori posto.

I ragazzi dovrebbero avere più spazi di aggregazione e i professori dovrebbero essere scelti anche in base alla passione e a quanto la sanno trasmettere.

Ma questo non ci interessa per il momento. Preferiamo apparire e non pagare le tasse, unico cibo? Soldi e visibilità. 

“Prima si mangia poi si fa filosofia” diceva Aristotele…lo stanno seguendo alla lettera, continuando così tra un po’ non faremo più nulla.

Dott.ssa Andrea Di Giovanni

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