ArtItalia o GraffItalia? L’attesa è per un nuovo mondo pieno di bellezza

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Cosa succede nel Paese della Bellezza? Le bellezze dell’Italia ed il confronto oggi tra l’arte classica ed i graffiti tra mura e strade. 

Anzitutto, prima di scrivere qualcosa su ciò che viene anticipato dal titolo dell’articolo, metto a cappello per ogni affermazione successiva quanto segue:

Nel 1960 gli adolescenti (teenagers) di New York cominciano a scrivere i propri nomi sui muri dei sobborghi, poi scelgono soprannomi per crearsi un’identità pubblica e marcare il territorio della gang con la firma (tag). 

I graffiti inizialmente avevano perciò una funzione territoriale.

Pensate quindi già quanta differenza in origine tra un Michelangelo, tra un Giotto, tra un Raffaello le cui mani appartengono ad un solo Dio che detta forme e colori, ed un Farey, un Hayuk, un Haring (pare siano i top 3 come street artist o graffitisti negli Stati Uniti): i primi nascono e diventano subito consapevoli di diffondere bellezza a favore dell’intero mondo, i secondi nascono da un concetto ‘territoriale’, quindi strettamente individuale.

E ho parlato di concetto individuale, facendo molta attenzione a non parlare di disagio, perché il disagio è e sempre sarà, padre di capolavori e di opere commoventi,  attenzione, ne è piena la nostra letteratura e lo stesso Caravaggio ne è un esempio.

Dico di più: provate a vedere uno dei quadri dipinti da Luciano Leggio (c’è chi dice si chiami Leggio chi Liggio, quello che fu il boss di Toto’ Riina per intenderci), provate a leggere il libro di Luciano Lutring (bandito anni ‘60), provate a leggere una delle lettere di Raffaele Cutolo alla sorella ed alla comunità (a capo della Camorra organizzata fino alla sua morte in carcere); voglio dire: quanto disagio nelle tre storie precedenti? Almeno si presume. Eppure entrando in quelle tre tracce di vita, vi assicuro, qualcosa vi rimane, eccome. 

Chiusa parentesi.

Fatte queste doverose premesse, io stesso rimango colpito da alcuni graffiti, ma come disegni, perché li vedo, a parte alcuni rarissimi casi, per la maggior parte di loro, decontestualizzati, e forse ne ho la giusta lettura visto che il punto di partenza è il disagio, e penso lo sia anche per chi pensa di disegnare non conoscendo l’origine di quella che ‘va bene’, esprime un linguaggio e spesso anche chiaro, è la verità, ma l’arte, si fonde con il resto, non lo vuole oscurare.

Entrate a San Pietro, e ancora prima, iniziate ad avvicinarvi alla Piazza, voi non avete più occhi per nulla, se non per quello che state vedendo, guardate invece un graffito, che ripeto, in alcuni casi meravigliosi, ma a mio modesto parere, è un linguaggio monco, sarà un mio limite.

Quando si parla di arte, o di bellezza, si parla di una via che unisce tutti, è un concetto integrativo: il Duomo di Milano ‘è stato messo doveva nascere il Duomo di Milano’, e nel rispetto dell’origine con cui l’opera nasce richiama a se il resto del Mondo. Il graffite (alcuni dicono ‘graffito’) non nasce in realtà dove dovrebbe nascere, o meglio, mettiamola così: non si sviluppa (ecco perché la chiamo arte monca), e quindi non richiama a se il resto del Mondo, ma attrae, e non totalmente, solo dei passanti, che non significa che non ‘ci passino apposta’.

Aggiungerei ironicamente (sottolineo ironicamente nel rispetto di chi a volte disegna cose meravigliose): voi stessi potreste essere presi, dopo aver disegnato qualcosa, per una che ha appena disegnato un graffito(graffite), e se vi chiederanno di dare un senso al disegno e voi lo saprete spiegare, sarete anche credibili! 

Qualcuno potrebbe confondere invece la vostra mano per quella del Bernini? 

Mi sono divertito ad estremizzare un concetto, proprio come un artista da strada nel momento in cui colora un pezzo di muro, è stato voluto, è stato adeguato ‘al soggetto in oggetto’, e come lo stesso disegno, così ciò che ho scritto, girando pagina, e quindi facendo cadere un pezzo di muro, scomparirà.

Il classico no invece, il classico mantiene questa eterna presenza, questa bellezza, e sapete dove sta il suo segreto? 

Nell’origine, nel nome, è questo il vero codice identificativo di ognuno di noi, se sapremo rispettare la nostra vera origine, farci guidare cioè da ciò per cui siamo nati, dalla nostra missione, allora si, rimarremo nel tempo.

Il resto cade, come cadono le foglie di un autunno che sta arrivando, e ci vedrà comunque aspettare e sperare sempre, in un nuovo mondo, pieno di Bellezza.

Giuseppe Percoco

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