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Storie di miseria e di fatica per “scattare” in avanti

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Storie di miseria e di fatica per “scattare” in avanti

Cercavo una definizione di sport, una definizione scevra da contaminazioni di parte. Una definizione, tecnica e ho trovato questa in un dizionario on line (Oxford Languages)

-Attività che impegna, sul piano dell’agonismo oppure dell’esercizio individuale o collettivo, le capacità fisico-psichiche, svolta con intenti ricreativi ed igienici o come professione.-

Lo sport affonda le proprie radici, nella notte dei tempi, nasce nell’antica Grecia ed era legato alla sfera religiosa, militare ed aristocratica, poi via, via si va laicizzando fino a diventare un’attività professionale.

Alla sua nascita lo sport era legato ai culti eroici e non era sufficiente partecipare, ma fondamentale vincere per affermare la superiorità fisica, il desiderio di gloria e il disprezzo per il perdente, con buona pace di Monsieur de Couberin. 

Vorrei in queste poche righe, però, cercare di far comprendere lo sport da altri punti di vista, che nulla hanno a che vedere con la gloria e gli atti eroici ma, sono un viatico per uscire da una situazione di miseria e povertà. 

La storia è piena di sportivi affamati, uso volutamente questo termine per sottolineare la gravità dalle situazioni in cui vivono, che ce l’hanno fatta.

 Vengono dall’Africa, dal Sudamerica, altri provengono da regimi totalitari.

Vorrei raccontare brevemente la storia di tre uomini. Due provengono dall’ atletica e uno dalla danza, che pur non costituendo uno sport è un altro canale da cui evadere verso una vita migliore, il che non sempre significa abbandonare il proprio paese di origine.

Abebe Bikila

Questa è una storia che sicuramente ricorderanno i lettori adulti o gli appassionati di sport.

Bikila era un maratoneta proveniente dall’altopiano, da dove vengono i migliori atleti di questa specialità, in Etiopia ed è tra le guardie del corpo del Presidente Hailè Salassiè, il Negus.

Nel 1960 partecipò alle Olimpiadi di Roma che vinse correndo scalzo. Magrissimo, determinato ma, contemporaneamente sereno. È il trionfo di un intero continente è un riscatto.

 C’è un precedente nella storia delle Olimpiadi; nel 1936 un atleta americano, Jesse Owens, anche lui di colore, vinse i cento metri davanti al Führer, che lascio lo stadio profondamente contrariato   per la supremazia del atleta statunitense.

Alberto Juantorena

Cubano, mezzofondista e velocista, un altro mito; nel 1976 vince l’oro alle Olimpiadi di Montreal agli 800 metri piani con il tempo record di 1’43″50, tre giorni dopo, ancora l’oro, con i 400 metri in 44″26: unico atleta al mondo a vincere due ori negli stessi giochi olimpici.

Nel 2012 è inserito nella IAAF Hall of Fame, per meriti sportivi

Le sue vittorie le dedica alla rivoluzione cubana e ancora oggi afferma: «Solo la gente senza ideali corre dietro al denaro. Pensano di andare negli Stati Uniti e diventare ricchi, ma dentro sono vuoti, hanno venduto l’anima. Noi preferiamo rimanere a Cuba per aiutare il nostro Paese». Ricordo, sempre a Cuba un pugile molto bravo, Teofilo Stevenson, che per passare al professionismo avrebbe dovuto battersi con Cassius Clay, Rifiutò dicendo «Cosa valgono cinque milioni di dollari, se ho l’amore di otto milioni di cubani».

Rudolf Nureev

Affermatissimo ballerino e coreografo sovietico, soprannominato il “tartaro volante” per la velocità e per la propensione alle acrobazie. Rivoluzionò il balletto, accrescendo l’importanza dei ruoli maschili, contribuendo all’ abbattimento del confine tra ballo classico e danza moderna.

Studia a Leningrado all’Accademia di Danza Vaganova del Kirov, la stessa dove studiarono grandi protagonisti della danza russa come Vaclav Nižinskij, Anna Pavlova e Galina Ulanova. Entra nella Compagnia di Balletto del Teatro Kirov, dove ebbe occasione di ballare con le maggiori ballerine sovietiche del tempo fra cui: Alla Šelest, Irina Kolpakova, Alla Sizova ed ebbe anche il raro privilegio di poter viaggiare al di fuori dei confini sovietici.

Durante le esibizioni a Parigi critico e pubblico concordano sulla bravura di Nureyev ma il KGB, che non lo ha perso mai di vista, disapprovava le sue frequentazioni occidentali.

 Nel frattempo gli viene chiesto di replicare il suo lavoro parigino a Londra e una mattina di giugno del 1961, mentre si accingeva ad imbarcarsi nell’ aeroporto parigino Le Bourget, gli viene comunicato dal funzionario del KGB che lo “scortava”, che sarebbe dovuto rimpatriare per una esibizione al Cremlino, mentre gli altri avrebbero potuto continuare la tournèe. Il resto è storia: fuga rocambolesca, per consegnarsi alla polizia francese e chiedere   asilo politico al Governo francese.

3 uomini, tutti diversi tra di loro, alla ricerca di una vita migliore, alla ricerca della propria realizzazione umana e professionale, lo sport per i primi due e la danza, nel caso di Nureev hanno radicalmente cambiato il loro destino. Quando si dice che il destino è nelle nostre mani.

Franco Tempesta

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