Per molti l’Abruzzo è un po’ come il Molise: “Ma dove si trova esattamente? Ma Termoli è in Abruzzo? Ah, ma è dove si mangiano gli arrosticini?”.
È una regione vicinissima alla Capitale, ma lontanissima da un punto di vista meteorologico e morfologico: in Abruzzo ai bambini può capitare di saltare la scuola per un mese di fila a causa di una tempesta di neve. Può capitare di vedere una tromba d’aria alzare gli ombrelloni in piena estate. L’Abruzzo poi ha una storia, che spesso viene dimenticata. Vuoi perché nessuno tende a difenderla, questa storia. Vuoi perché gli abruzzesi nutrono un complesso di inferiorità nei confronti di chi viene da fuori. Gli abruzzesi, a differenza di qualcun’altro, non richiama mai la sua identità parlando della sua storia. Piuttosto si affretta sempre a dire: “da noi c’è il mare e la montagna, stiamo bene”. Che è un po’ una frase del ca**o. È come dire: “abbiamo il mare e la montagna, si, ma poi non abbiamo da offrire un bel niente”. D’Annunzio, Pasolini, Croce, Mussolini, non la penserebbero così. E forse nemmeno Rocky la penserebbe così. Perché Rocky ha portato la sua identità di abruzzese fino ai vertici del pugilato mondiale. La sua è una storia meravigliosa, ma finisce drammaticamente.
Rocky era nato a a Brockton, negli States, da una famiglia di Ripa Teatina, in Provincia di Chieti. Si chiamava Rocco Marcheggiano, in realtà.
Ma per tutti, in America, era…ROCKY MARCIANO. .
Faceva parte della comunità (poverissima) italo-americana, e cominciò la carriera pugilistica negli anni ’40. Era un tipo tarchiato, non era pesante, ma aveva una grinta spaventosa, un’energia tremenda. Faceva male con i suoi pugni. Parecchio. Aveva uno stile non tecnico, tendeva a passare sotto i colpi dell’avversario. Quando entrava, faceva malissimo. Ma era un pugilato di grande sacrificio: per fare quel tipo di boxe, Rocky ne prendeva tantissime e spesso usciva dagli incontri talmente sfregiato da risultare irriconoscibile. Si prese venti punti di sutura con Ezzard Charles.
Quanti incontri ha perso, Rocky, nella sua carriera? NESSUNO. Davvero, ragazzi, nessuno: con 49 incontri VINTI, Rocky Marciano è l’unico peso massimo imbattuto nella storia del pugilato. Per facilitargli la carriera, gli misero di fronte anche Louis, che era alla fine della sua. Non era certo il Joe Louis dei bei tempi, ma era comunque un avversario ostico.
Marciano lo batté all’ottava ripresa.
Rocky Marciano andò a tappeto contro Walcott, e sembrava che dovesse perdere per la prima volta!
Ma si rialzò. E piano piano iniziò una rimonta incredibile. Aveva una grande resistenza ai colpi, Rocky. Alla tredicesima ripresa diede un colpo fatale al suo avversario che stramazzò al suolo, svenuto. Fu uno dei momenti più concitati della boxe, probabilmente.
Al culmine della sua popolarità abbandonò la carriera, da IMBATTUTO, dedicandosi agli affari. Sempre con successo.
Purtroppo negli anni ’60 precipitò con il suo aereo privato. Sul ring era riuscito a stare in piedi. Ma quando il destino ci mette lo zampino, il match si fa duro.
Non c’è uno storico del pugilato che non lo ponga nei primi dieci pugili di tutti i tempi.
Pensate: alla fine degli anni ’60 gli americani inventarono un torneo ideale fra i pesi massimi più forti di sempre. Attraverso dei calcoli avrebbero stabilito quale fosse il più grande peso massimo in assoluto. In finale arrivarono Cassius Clay (Alì!!!) e… Rocky Marciano. Fecero rimettere i guantoni e i pantaloncini ai due, ormai anziani e simularono un incontro. Vinse Marciano. Gli americani lo considerano uno dei più grandi di tutti i tempi. E lo amavano: Rocky si faceva ritrarre mentre giocava a baseball con i bambini. Era un tipo normale e ci teneva a dimostrarlo. E poi era un “bianco”, era “italiano”, era insomma popolarissimo all’epoca.
Come so tutte queste? Perché ci sono cresciuto, dentro una palestra di pugilato. All’età di dieci anni mio padre mi portò nella storica palestra teramana di boxe, dove sono cresciuti i migliori pugili degli anni ’80. Fate un giro dalle parti del palazzetto dello sport, e troverete un luogo magico, intriso di sudore e storia.
Lì mio padre mi raccontava dei grandi pugili, fra cui Rocky Marciano.
Storie abruzzesi, che abbiamo il dovere di custodire.
Marco Cassini