La costruzione di reti di metanodotti è materia molto discussa, sia per quanto riguarda l’utilità di queste utenze, sempre più costose, sia per l’impatto ambientale che comporta una tale movimentazione di terreno.
Ma per l’archeologia scavare è sempre utile. Le linee dei metanodotti percorrono spesso parecchi chilometri di territorio, attraversando aree di ogni genere.
I rapporti di collaborazione tra la Soprintendenza e le società appaltatrici hanno sempre garantito tutela e scoperte. Un esempio per l’Abruzzo è sicuramente il metanodotto della Edison Gas costruito tra il 1997 e il 1998 nel tratto Bussi-Roccasecca, impresa che uni l’utenza tra Lazio e Abruzzo. I lavori furono seguiti da due funzionari, Vincenzo d’Ercole per i periodi pre-protostorici e Rosanna Tuteri per l’età storica.
Ma come si muove la macchina archeologica che segue una grande impresa come un metanodotto? Esattamente come oggi si fa per ogni lavoro che richieda degli scavi, anche a profondità relativamente scarse come possono essere quelli per la posa dei cavi della fibra ottica o per molti altri lavori che richiedano scavi più profondi come quelli di manutenzione e creazioni di nuove reti di utenze (condotti fognari, acque bianche, luce e gas).
Cosa sono le sorveglianze archeologiche, mi spiego meglio: durante i lavori viene incaricato un archeologo per soprassedere gli scavi e assicurarsi che il terreno scavato sia vergine cioè senza tracce di azioni antropiche effettuate dall’uomo. In caso contrario, se ci fossero indizi stratigrafici o la presenza di materiale archeologico l’archeologo stoppa i lavori e contatta il funzionario di zona della Soprintendenza.
“E ma così l’archeologia ostacola i lavori”, No, proprio il contrario, l’archeologo fornisce un supporto all’azienda, riconoscendo e salvando il patrimonio dello stato e rendendo snello il lavoro di smantellamento (dove si può) delle evidenze, portandole alla luce e documentandole per poi scavare e continuare con il percorso del metanodotto. Se le evidenze non sono asportabili inizia un lavoro di riprogettazione assieme alla Soprintendenza che può prevedere tunnel per bypassare il sito o cambiamenti nella linea del metanodotto. Sono casi molto rari, ciò che non può essere prelevato dal terreno sono prevalentemente strutture murarie più rare da trovare nei percorsi seguiti dalle linee di utenza.
Parliamo di tutela dei beni pubblici dello stato che vanno recuperati e protetti ma è anche vero che, come nel caso sopracitato del metanodotto Bussi-Roccasecca la Edison Gas ricevette visibilità a costi bassi data l’organizzazione di convegni, pubblicazioni e mostre sulle scoperte archeologiche. Per le aziende può essere un importante ritorno di immagine. Tanto che, sempre prendendo ad esempio i lavori abruzzesi, ci si preoccupò di stanziare dei fondi per la pubblicazione dei ritrovamenti in un volume denominato “Archeologia in Abruzzo, storia di un metanodotto tra industria e cultura” contenente scoperte e studi sulla piana di Navelli, la Conca Subequana e il bacino Fucense.
Le scoperte furono varie, come le tombe Arcaiche (VI sec. a.C.) ritrovate a Campo Valentino nella valle Subequana, o lo scavo (anche se situato al di fuori della pista del metanodotto) delle Paludi di Celano, importante sito palafitticolo dell’età del Bronzo con la presenza di tombe a tumulo della prima età del Ferro.
L’importanza delle opere pubbliche può contenere molteplici aspetti, anche quelli legati alla cultura. Avreste mai detto che la creazione di un metanodotto avrebbe contribuito ad amplificare la conoscenza?
Dott.ssa Andrea Di Giovanni