Non solo deve subire gli starli dei talebani green, ma adesso anche degli strateghi di politica estera: il gas naturale. Questa fonte energetica sta subendo la stessa esperienza del petrolio e suoi derivati: negli anni ’70 del secolo scorso quest’ultimo venne additato come la causa di tutti i mali, ma era solo un’arma economica che veniva brandita da una parte degli sceicchi arabi, così come oggi il gas viene brandito dal sanguinario invasore russo Putin.
Fino allo scorso anno le fonti energetiche erano estremamente a buon mercato, grazie ad un trend discendente dei prezzi iniziato circa 10 anni prima. Il costo del carburante per le nostre vetture era sceso a circa 1,2 €/lt, anche se gli agitatori di popolo lo facevano sembrare costosissimo, dimenticando di menzionare che più della metà del prezzo è dovuta a tasse e accise. La stessa cosa per il gas: le bollette del gas e quelle elettriche erano scese sensibilmente, tanto che ultimamente in pochi ritenevano interessante cambiare gestore per ottenere solo piccole riduzioni dei costi. Tutto ciò nonostante i barricaderi che volevano stupidamente bloccare la costruzione del TAP, la creazione di ulteriori rigassificatori e, almeno per il momento, bloccare l’estrazione di gas nell’Adriatico (con tanti ringraziamenti da parte della Croazia, che invece lo estrae a tutto spiano). Purtroppo però questo bengodi non ha focalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica e della classe politica da essa eletta sull’assenza di uno strategico e ben definito piano energetico nazionale: ce ne siamo tutti accorti improvvisamente verso la fine dello scorso anno, quando i venti di guerra sull’Ucraina iniziavano ad aumentare la loro intensità, pur non avendo raggiunto ancora la forza distruttiva di un tornado.
In Italia ogni anno consumiamo ogni anno circa 80 mld di mc di gas naturale, usati non solo per riscaldare casa o l’acqua per la doccia, ma anche per produrre il 40% dell’energia elettrica necessaria al sistema Paese. Fino all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il 40% del gas utilizzato in Italia arrivava dalla Russia: oggi, grazie all’elevato spessore di Draghi e alle enormi competenze di Cingolani, siamo riusciti a scendere già al 25%, con la prospettiva che per fine 2023 saremo del tutto autonomi da quel governo canaglia, sempre che il prossimo governo italiano non distrugga quanto fatto di buono negli ultimi 18 mesi…
Questo incremento dei costi energetici ci ha (ri)portato a redistribuire le risorse economiche di ognuno di noi, aumentando la quota parte dedicata alle bollette, ovviamente a scapito di qualcos’altro. Tutto ciò potrebbe, secondo alcuni, elevare la conflittualità sociale, ma chi scrive ha un’opinione diversa.
Da tanti anni sento e leggo dell’aumento delle persone che vivono in povertà, ma tutto dipende da cosa voglia dire essere poveri. L’11 agosto scorso ho visto un servizio televisivo della trasmissione Agorà su Rai3, i cui protagonisti (una coppia di dipendenti statali con una bambina, residenti a Reggio Calabria) avevano introiti mensili totali di 2.800 € al mese e, tolto il costo del mutuo, utenze e spesa al supermercato, rimanevano con 1.100€ mensili per uscire, vacanze, vestiti, ecc (dimenticandosi però della 13° e 14° mensilità…): i due si sentivano poveri e i conduttori e gli ospiti della trasmissione erano concordi nel considerarli tali. Questa per me non è povertà, ma istigazione all’invidia sociale: la povertà è di chi non ha 3 pasti al giorno, oppure non ha un tetto sulla testa!
Detto ciò, sono convinto che gli italiani debbano finalmente fare un sano bagno di realtà, riallocare le risorse di budget familiari e magari rafforzare i comportamenti virtuosi che ridurrebbero i consumi energetici: ad es. abbassare di 1 grado la temperatura invernale o aumentare di 1 grado quella estiva negli ambienti domestici o lavorativi non ucciderà proprio nessuno, così come andare un po’ più piano in macchina o, meglio, usarla un po’ meno.
Ciò che davvero mi preoccupa nell’immediato è il piano d’azione del prossimo governo: se non sarà in continuità con la famosa agenda Draghi, gli attuali problemi e relativi costi non verrebbero risolti e ci ritroveremmo in una situazione peggiore di quella attuale. Purtroppo sia a destra che a sinistra ci sono alcuni schieramenti politici contrari ad una politica energetica in continuità con quella di Draghi e Cingolani, così come altri che non vogliono un taglio netto del cordone energetico e diplomatico con la Russia: indipendentemente dalle considerazioni più filosofiche (per me sono entrambi da additare al pubblico ludibrio), ciò non ci farebbe continuare il cammino virtuoso verso una parziale autarchia energetica e il controllo dei relativi costi.
Le prossime elezioni saranno estremamente importanti: chi ci governerà traccerà un solco entro il quale decidere se pragmaticamente perseguire la parziale autarchia energetica di cui sopra, che ci permetterebbe di essere ancora un paese industrializzato, oppure se cedere al populismo ignorante e rimanere legati mani e piedi a qualche potenza energetica straniera e affrontare costi dell’energia talmente elevati che comporterebbero una parziale desertificazione industriale.
E oggi abbiamo parlato solo di fonti energetiche: in futuro riprenderemo il discorso relativo alle materie prime per la transizione energetica, quella che ad es. ci vorrebbe imporre pannelli solari (la cui maggioranza viene prodotta in Cina), oppure la mobilità elettrica, che oggi ha bisogno di terre rare (quasi tutte in mano della Cina): spero che tutti capiremo presto che certe strategie si fanno solo includendo fattori geopolitici, non disquisendo in qualche salotto letterario…
Gerardo Altieri