L’altruismo allunga la vita e ci rende felici. Sarà vero?

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E’ così vero che non posso non ricordare, a questo proposito, la famosa espressione di Baden Powell, fondatore dello scoutismo, che amava ripetere: “il modo migliore per essere felici è procurare la felicità agli altri”.

Baden Powell era nato nel 1857 nei pressi di Londra e morì nel 1941 nel Kenya, quindi cessò di vivere a 84 anni.

Una vita avventurosa, la sua, che potremmo distinguere in due momenti: quello di ufficiale dell’esercito britannico, colonnello di cavalleria, difensore di Mafeking nella guerra dei Boeri in Africa e, poi, quello di geniale inventore di un movimento di bambini, di ragazzi e di giovani che si diffuse in ogni angolo della Terra, con il nome, appunto, di scoutismo.

Baden Powell può senz’altro essere definito un altruista.

Tanto è vero che fu lui a sostenere che ogni ragazzo, al termine della giornata, avrebbe dovuto compiere una “buona azione”.

Quindi si adoperò perché dagli otto ai ventun anni, i soggetti in età evolutiva, avessero un ambito educativo in cui riconoscersi ed esprimersi, soprattutto vivendo all’aria aperta.

Allora ideò il “lupetti e le coccinelle”, poi “gli esploratori e le guide” ed infine “i rovers e le scolte”: questo lungo percorso avrebbe poi consentito al giovane, ormai formato, di conseguire un ruolo di “capo” e di dedicarsi, a sua volta, alla crescita dei bambini e dei ragazzi.

Attraverso la sua “filosofia educativa” Baden Powell, che tutti gli scouts del mondo poi soprannominarono affettuosamente B.P. cominciò a rendersi conto che stava concependo qualcosa di grandioso: un rapporto tra il soggetto in età evolutiva e la Natura, creando nell’animo di chi si preparava ad essere adulto, uno spirito “ecologista” in tempi in cui fenomeni come quelli attuali, dai mutamenti climatici all’effetto “serra”, sarebbero ancora al di là da venire.

Adoperarsi in favore degli altri, destinare una parte del proprio tempo perché altri siano a proprio agio, perché tornino a sorridere, quando casomai stanno attraversando un momento di fragilità e di debolezza mentale e fisica, è un modo di concepire la vita intesa in senso generoso e dunque, altruistico.

Del resto, siamo pieni di esempi di persone che, pur impegnate in attività scientifiche o artistiche, politiche o professionali o imprenditoriali, dimostrano o hanno dimostrato di saper testimoniare l’apertura ai bisogni degli altri.

Mi viene da pensare a Rita Levi Montalcini che fino a 101 anni guidava laboratori per giovani ricercatori e non lesinava indicazioni, suggerimenti e offriva prospettive.

Margherita Hack che, dopo aver diretto per molti anni, l’Osservatorio Astronomico di Firenze, si batté perché le fosse rinnovata la patente, in quanto avrebbe dovuto accompagnare con l’auto il proprio coniuge, infermo sulle gambe.

Renzo Piano, che si prodigò alla progettazione di un nuovo ponte per Genova, dopo che quello ideato da Morandi crollò sul fiume sottostante.

Brunello Cucinelli, che come imprenditore, si immedesimò nella condizione dei propri operai, al punto di distribuire in loro favore le plusvalenze del titolo quotato in Borsa.

Ernesto Albanello

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