
La prima parola che mi è venuta in mente riguardo allo Stato, nel momento in cui ho appreso dell’abolizione del Super Bonus, è stata: INAFFIDABILITA’.
Non altrimenti potrebbe essere definita una nazione che cambia le carte in tavola e pretende di essere riconosciuta coerente e autentica, nascondendosi dietro la foglia di fico che ad aver proceduto a quella apertura di facilitazioni per la ristrutturazione di tutto il patrimonio immobiliare erano state forze politiche che oggi non sono più al governo. È evidente che la disaffezione nei confronti dei rappresentanti del popolo, in questo modo, diventa esponenziale, perché induce a pensare: “ma a queste condizioni, che senso ha dare il mio voto?”. Che interesse possono avere i cittadini a recarsi alle urne, dal momento che qualsiasi responso non darà garanzia di linearità verso una rispondenza riguardo a quanto indicato e annunciato?
Non mi meraviglierei se l’astensionismo raggiungesse livelli del 60/65% e quindi esponesse il Paese ad un imbarazzante e risicato 30/35% di “aventi diritto al voto” che si pronunciano, ma di fatto affidano ad altri, i rappresentanti, concedendo loro una “cambiale in bianco” per “sgovernare” in nome del popolo italiano.
Qui non si tratta neppure di non saper guardare il futuro, perché la lungimiranza è prerogativa degli statisti: siamo arrivati al punto che chi ha le leve del comando di questa nazione non è neppure capace di guardare la punta delle proprie scarpe, se non riesce ad avere una visione logica che scaturisce da processi associativi neppure tanto difficili da mettere in collegamento.
L’Italia, come ormai si va ripetendo al punto che sembra farci “venire l’acido”, esce da oltre due anni di pandemia che ha messo a terra vari strati del mondo produttivo e manifatturiero, del commercio, del turismo, delle comunicazioni.
Accortezza vuole che un Paese, degno di questo nome, sappia rendersi conto che una brusca battuta di arresto inferto ad un settore che è motore di una larga parte dell’economia qual è l’edilizia, inneschi una involuzione “a catena”.
Vorrei davvero, come minimo ricordare, agli attuali governanti, che si vantano di stabilire con i cittadini un rapporto di grande comunanza al punto da definirli “patrioti”, che quella parola si collega a “padre” e quindi a genitore.
Allora, se non ne sono capaci, si astengano dall’uso di termini molto, troppo impegnativi, che con i fatti accaduti recentemente a Firenze ed a Steccato di Cutro, vicino a Crotone, sulle coste calabresi, non hanno nulla a che vedere. I padri, quelli veri, si sarebbero precipitati a soccorrere i ragazzi manganellati da facinorosi e sarebbero entrati in mare guidando le lancia della Guardia Costiera, portando a bordo quanti più naufraghi da quelle “carrette del mare” e favorire una volontà solidale. Ma se tutto questo non si comprende, non si capirà neppure quale sgomento lo Stato suscita nella abolizione di un provvedimento che avrebbe migliorato il patrimonio edilizio e rimesso in moto una economia vitale per il Paese…
Ernesto Albanello