Sentire lo Spirito del Natale: sintomo di felicità

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Riconnessione con il bambino interiore

Ci prepariamo all’inverno e a trascorrere un “sobrio Natale”, oltre che sereno ma le luminarie saranno sicuramente infatti ridotte della metà, prendendo contatti con imprenditori di energie rinnovabili in vista del caro bollette si preannunciano sempre più salate ma nonostante tutto ancora una volta lo shopping natalizio ha superato la soglia del trilione di dollari, grazie al largo anticipo con cui è iniziata la corsa alle compere.

Le feste di quest’anno saranno all’insegna della luce. Ne abbiamo bisogno, vogliamo tutti rioccupare quegli spazi di socialità che tanto ci sono mancati. E quale periodo migliore delle feste natalizie per tornare per strada a godere delle luci dopo tanta oscurità. Ognuno di noi guardi le luci affiorare, lasciamoci coinvolgere dalla magia trasmessa dal Natale con uno sfondo di una nuova rinascita che coinvolgerà tutta la nostra comunità. La prudenza deve ancora accompagnare i nostri comportamenti, ma nonostante questo dobbiamo guardare al futuro con fiducia. Un tema particolarmente significativo, con la riscoperta di uno dei simboli per eccellenza del Natale ossia l’albero di Natale. Non solo l’albero inteso come simbolo di gioia e felicità, ma anche come elemento naturale di primaria importanza per l’ecosistema e la salvaguardia del territorio. “Risparmieremo, ma non rinunceremo al Natale, non priveremo le nostre famiglie e i nostri bambini di un periodo così importante in termini di gioia, calore e speranza” – queste le parole di vari sindaci di comuni d’Italia. Dunque un Natale ecosostenibile ma che rappresenti anche un’opportunità per la comunità e per le attività commerciali”.  L’espressione “humana condicio”, “condizione umana”, si trova per la prima volta in Cicerone, ma entra nella cultura dell’Occidente, in cui avrà una straordinaria risonanza, solo con Seneca, che la usa con insistenza a indicare una sola cosa: l’ambivalenza costitutiva dell’uomo, nel cuore del quale abitano, porta a porta, opposte possibilità. L’uomo è, quindi, l’essere problematico per eccellenza: egli s’interroga su tutto e, quando posa lo sguardo su se stesso, scopre di essere multiforme. “Nemo suum agit, ceteri multiformes sumus”: “nessuno si attiene a un solo ruolo, siamo tutti multiformi”, cioè desiderosi di assumere sembianze diverse. Per questo cambiamo maschera di volta in volta e ce ne mettiamo una opposta a quella che ci siamo appena tolta. 

Ma come riconoscere il volto dietro la molteplicità delle maschere? Dallo scoppio della pandemia stiamo vivendo dei periodi veramente duri, siamo stati costretti a ripensare al nostro modo di vivere, a rinunciare a tante forme di socialità che fanno di noi degli esseri collettivi: il contatto con l’altro, il confronto e l’aggregazione costruttiva. Tutto ciò per non essere colpiti da un male, subdolo ed invisibile, che ha la capacità di annientare la nostra volontà e voglia di fare. il Natale ha la magia di riportarci alle nostre tradizioni, ai ricordi dei bellissimi natali della nostra infanzia e giovinezza, quando tutto sembrava magico ed incantato.  Ma rappresenta anche un’occasione di riflessione per tutti i problemi che ci circondano: da quelli mondiali come la pandemia in atto, le guerre, la fame e la sete nel mondo, la povertà che spinge i popoli all’emigrazione, a quelli sociali come la disoccupazione e la perdita dei posti di lavoro, i disagi giovanili legati all’uso di alcol e droghe, i bambini abbandonati e maltrattati, gli ammalati che soffrono, l’aumento dei poveri e bisognosi. Tutte queste riflessioni ci rattristano ma ci stimolano ad essere più buoni ed altruisti e ad impegnarci quotidianamente nell’ambito delle nostre professioni e durante le attività che svolgiamo non sarà molto forse, ma è la base dalla quale vorremmo partire per raggiungere risultati importanti. Addobbare anticipatamente la casa è solo un “sintomo di felicità”. Il Natale ha il potere di risvegliare i ricordi d’infanzia; dunque desiderare di appendere luci e palline colorate prima del previsto significa essere in grado di connettersi più facilmente con il proprio bambino interiore, nel mondo contemporaneo, caratterizzato dallo stress, le persone hanno bisogno di momenti felici. Il Natale e tutte le tradizioni associate evocano queste sensazioni gioiose. 

Ma che sia quindi per far felice un trepidante bambino, per generosità o per qualche nuovo valore introdotto dal consumismo che misura l’affetto in base al costo del regalo, a Natale si spende. E così spesso i bei sentimenti vengono meno, a favore di acquisti in nome di una festa che per molti ha perso il suo significato originale. Fortunatamente il Natale non si esaurisce solo in questo: oltre al consumismo sfrenato delle Feste, trova ancora spazio quell’aura di magia e di gioia che – è innegabile – le festività portano sempre con sé. Questa tradizione voleva servire un tempo da piccola lezione morale, “se sarai buono, riceverai dei regali”… associando un determinato comportamento ad una ricompensa. Ha ancora senso questo per i bambini di oggi, identificati con personaggi potenti e invincibili, che preferiscono la magia alla fatica del crescere, le evoluzioni repentine al tempo lento del cambiamento? Eppure la figura di Babbo Natale resiste, e il Natale conserva, nonostante tutto, la qualità di un tempo privilegiato per stare insieme, dedicarsi alla famiglia e aspettare qualcosa di buono.  I bambini di oggi hanno tutto ciò che potrebbero desiderare: sono abituati a ricevere regali quasi quotidianamente, per placare i sensi di colpa di genitori troppo occupati, per mettere a tacere richieste assillanti o, al contrario, per fornire loro supporti educativi sempre nuovi. Il regalo ha perso la sua qualità di premio per uno sforzo fatto o per un risultato raggiunto; viene di fatto considerato, anche dagli stessi genitori, un diritto dei bambini, in maniera quasi indipendente dal loro comportamento. Il regalo ha perso le sue caratteristiche di eccezionalità e di ricompensa, così come sembra essersi persa la capacità del bambino di saper attendere e desiderare.

Ogni possibilità di fantasticare nel vuoto dell’attesa viene saturata, eliminando così quello spazio potenziale da cui nasce la vera creatività. Il regalo di Natale può diventare allora un’occasione per ripristinare la funzione del desiderio come motore creativo, a partire dalla “letterina” a Babbo Natale, scritta con largo anticipo e spesso con grande impegno da parte dei bambini. A Natale dunque il bambino potrà ricevere “il” regalo, quello che ha aspettato a lungo, quello che riempirà lo spazio dell’attesa e, in quanto tale, il migliore, il più soddisfacente, proprio perché non comparso magicamente mezz’ora dopo averlo chiesto, ma che sarà stato sognato, sospirato, immaginato. Il consumismo non rischia di distruggere l’incanto del Natale? Si sente spesso dire, con tono moraleggiante, che il consumismo sfrenato dei nostri tempi rischia di compromettere il rinnovarsi dell’incanto del Natale, soprattutto a danno dei bambini. Pubblicità martellanti, sovrabbondanza di offerte commerciali creano un legame artificioso tra gli oggetti e la felicità che il loro possesso dovrebbe garantire. Il rischio è che, in questo clima di eccessi, i bambini confondano il contenuto con il contenitore, perdano cioè la capacità di trarre gioia dall’attesa, dai riti, dal valore affettivo della riunificazione familiare che costituiscono la vera essenza della magia del Natale. L’immagine odierna del vecchio barbuto vestito di rosso è stata la Coca Cola: «Un personaggio immaginario, inventato dalla Coca-Cola, che porta i regali solo a chi ha i soldi», Perché, alla fine, il bersaglio del suo attacco a Babbo Natale è la società consumistica. Perché il Natale che noi oggi festeggiamo rischia di non essere più quello cristiano, ma quello del consumismo: «Il problema vero è che il Natale non appartiene più alla cultura cristiana, ma a una cultura consumistica del mangiare, bere e vestire, il Natale è una festa senza il festeggiato». Non è più, insomma, una festa cristiana: «Il Natale non ci appartiene più, perché le sue parole, i suoi simboli e le sue azioni sono state risucchiate dal buco nero dell’ipermercato». «La reinvenzione del Natale ad opera della Coca Cola in America; è stato parte di questo processo che ha trasformato il Bambinello in Babbo Natale. Questa reinvenzione accade di vederla anche nelle grandi catene di supermercati dove non si parla di presepe ma dei borghi antichi. E allora si vede il presepe senza grotta che è come parlare di Natale senza il festeggiato». Ma in questa denunzia della società consumistica c’è anche una forte valenza sociale: «Il vero significato del Natale è racchiuso in quella grotta, al freddo e al gelo, dove Gesù bambino viene alla luce in una culla tra la paglia che non era certamente quella spedita da Amazon, ma era invece circondata dai bisogni del bue e dell’asinello. Nel mondo occidentale si è attualmente divisi tra coloro che vorrebbero abolire addirittura il Natale, sostituendolo con una più neutra “Festa del solstizio d’inverno” o, come nel documento proposto dalla Commissione UE con l’ancora più neutra “festività” e coloro che invece tengono ancora a questa ricorrenza (sono loro ad avere protestato), ma che la identificano con il cenone, i panettoni, i regali. Non a caso Babbo Natale non viene più tanto a sorvolare i presepi, ma piuttosto gli alberi di Natale, assai meno impegnativi sul piano religioso, e anzi ammiccanti a una prospettiva ecologica che esalta la natura. Indipendentemente dal credo religioso, dall’essere tradizionalisti o innovativi, c’è un aspetto che caratterizza il Natale che non dovrebbe essere trascurato: quello di creare un’atmosfera magica che possa far sognare grandi e bambini. La fantasia è una caratteristica speciale che a volte tendiamo a trascurare, per fare spazio al senso di realtà, alla consapevolezza, alle capacità cognitive. Il Natale può essere un meraviglioso pretesto per scatenarci e ripensare i piccoli gesti quotidiani con creatività.

Un po’ morality, un po’ dramma teatrale, un po’ romanzo sociale, un po’ storia gotica: “tintinnare di monete e frusciare di banconote: solo a questo pensa il vecchio e avaro Ebenezer Scrooge. Ma tutto cambia nella magica e spaventosa notte di Natale quando Scrooge riceve la visita di tre spiriti che lo costringono ad aprire finalmente gli occhi. E il cuore. La più celebre storia di Natale, toccante parabola fantastica di Charles Dickens.

Maria Ragionieri

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