Tra le cause, il passaggio della generazione dei baby boom dall’età adulta a quella senile
La crisi demografica in Italia non è più un’ipotesi. Secondo i recenti dati Istat, il nostro Paese ha davanti un futuro sotto il segno meno dal punto di vista del ricambio generazionale. La popolazione era di 59,2 milioni al primo gennaio 2021, sarà di 57,9 milioni nel 2030, di 54,2 nel 2050 e di 47,7 nel 2070. Entro il 2050 le persone di 65 anni e oltre potrebbero arrivare a rappresentare il 34,9% della popolazione e i giovani fino a 14 anni l’11,7%: tre ultrasessantenni per un under 14.
La principale causa dell’invecchiamento della popolazione è il passaggio dei figli del baby boom dall’età adulta a quella senile. Cos’è il baby boom? Si tratta dell’improvvisa fase di crescita demografica, verificatasi nei paesi occidentali nel secondo dopoguerra, durata fino ai primi anni ’60 del Novecento.
Con lo stesso motivo si spiega la riduzione dei cittadini in età lavorativa: nel lungo periodo, entro il 2070, ci dovrebbe invece essere un parziale equilibrio della distribuzione della popolazione. Nemmeno le previsioni più ottimiste dell’Istat contraddicono questo trend: “Neanche negli scenari di natalità e mortalità più favorevoli il numero proiettato di nascite arriverebbe a compensare quello dei decessi”.
“Da circa 15 anni l’Italia sta affrontando un ricambio naturale negativo, alla base della riduzione della popolazione, nonostante la parziale contropartita di dinamiche migratorie con l’estero di segno positivo”, si legge nel report. Le istituzioni dovranno quindi adottare le necessarie politiche per fronteggiare la ageing society: il welfare dovrà trovare un difficile equilibrio tra i tanti anziani e le poche nascite.
Anche la popolazione in età lavorativa è destinata a diminuire: entro il 2050 ci dovrebbe essere una diminuzione di quasi 9 milioni di cittadini di età compresa tra i 15 e i 64 anni. Tradotto in percentuali, significa un passaggio dal 63,6% della popolazione al 53,4%.
Le famiglie cambieranno e diventeranno sempre più piccole ma cresceranno in unità: si stima che, entro il 2041 una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà. Nel giro di vent’anni è atteso un aumento del numero dei nuclei di circa un milione di unità, arrivando così a 26,3 milioni. La popolazione calerà ovunque, ma non dappertutto nello stesso modo. Entro 10 anni in quattro Comuni su cinque è atteso un calo di popolazione, la percentuale aumenta nelle zone di campagna. Le differenze tra nord e sud, continua il rapporto Istat, saranno anche demografiche. Sia il settentrione che il meridione si faranno più vecchi. Il sud, però, sopravanzerà in anzianità il nord, con un’età media prevista di 49,9 contro i 49,2. Il trend di invecchiamento continuerà al sud anche nel lungo periodo, fino a un’età media di 52 anni.
Cristina Mignini