Tutti possiamo pensare fuori dagli schemi
Sono i dati a dirlo, recenti studi mostrano come gli ostacoli e la scarsità di risorse rappresentano un importante stimolo per il pensiero creativo.
Ma cos’è esattamente la creatività? Giovanni Lucarelli sociologo, formatore, facilitatore, scrittore con una passione per l’insegnamento degli strumenti di pensiero creativo, in un recente articolo ha definito la creatività come la capacità di pensare “fuori dagli schemi” e di individuare e realizzare soluzioni innovative ed efficaci, alle sfide e ai problemi quotidiani. Perché la creatività è di tutti, alcuni la usano professionalmente altri la allenano come abilità nella quotidianità.
“Le abilità creative sono apparse molto più dipendenti – prosegue nel suo articolo – dalla situazione che da tratti della personalità”. Questo concetto, introdotto dallo psicologo gestaltista Karl Duncker, riguarda la capacità di usare un oggetto in modo originale e inusuale; diametralmente opposta, la “fissità funzionale” può essere definita come l’incapacità (o la difficoltà) di attribuire ad un oggetto funzioni diverse rispetto a quelle per cui viene usato abitualmente. Cerchiamo di capirne di più.
Giovanni, i limiti sono il vero ostacolo da abbattere. Anche se ne esistono di svariate tipologie, c’è un modo univoco di superarli per lasciarsi andare al pensiero creativo?
Esistono, in effetti, diversi tipi di ostacoli al pensiero creativo. Alcuni sono psicologici (“Non sono creativo”, “Non mi vengono buone, idee”, “Ho paura che la mia idea venga bocciata o derisa”, ecc.) e tendono a inibire la nostra generazione di idee e la loro condivisione con gli altri. Altri sono metodologici (“Si procede in questo modo …”, “Sappiamo che funziona sempre così …”, “Ha funzionato in passato …”, ecc.) e influiscono sul nostro modo di affrontare i problemi. Poi, ci sono anche ostacoli culturali (“Abbiamo sempre fatto così …”, “Se cambiamo, cosa diranno i clienti?” “Se non è perfetta, non è una buona idea …”, ecc.)
Gli “antidoti” per superare questi ostacoli sono principalmente 4:
- Allenare le nostre abilità creative: impegnarci, ogni giorno, a fare le cose in modo diverso, scrivere un elenco di idee per un certo problema, ecc.; più lo facciamo, più diventa agevole;
[se vuoi, puoi mettere il link al mio programma gratuito “La tua settimana più creativa”] - Stimolare la nostra “autostima creativa”: tenere un taccuino in cui annotare, ogni settimana, le buone idee che abbiamo realizzato; condividere qualche idea che ci sembra promettente con i colleghi o con il capo: se non la proponiamo mai, non potrà mai essere accettata;
- Imparare dagli errori: ogni volta che qualche idea (o qualche azione) non funziona, domandiamoci: “Perché è successo?”, “Che cosa posso imparare da questa situazione?”, ecc.
- Sperimentare: non ci sono “ricette precise” nell’ambito dell’innovazione: dobbiamo sperimentare ed apprendere. Chiediamoci: “Che cosa possiamo fare di nuovo?”, “Come possiamo sorprendere i clienti …”, “Come possiamo far funzionare questa idea?”
Come definirebbe le personalità dei creativi che hanno avuto un impatto positivo sulla società? Sono più donne o uomini che possono definirsi tali?
Devo confessare che non sono un sostenitore delle teorie sui tratti delle persone creative; preferisco puntare l’attenzione sugli atteggiamenti e sui comportamenti da mettere in pratica.
Trovo interessanti, comunque, le ricerche di Curt Bonk, docente all’Indiana University, che suddivide i tratti delle persone creative in Prodotti (Fluidità, Flessibilità, Originalità, Elaborazione), Attitudini (Curiosità, Immaginazione, Complessità, Propensione al rischio), Comportamenti (Flessibile, Inventivo, Non conformista, Risposte nuove), che mi sembrano presenti nella stragrande maggioranza delle persone innovative.
Per quanto riguarda l’impatto di queste persone sulla società (nel campo della scienza, della cultura, dell’arte, dell’economia, ecc.), oltre alla creatività più eclatante (detta Big C Creativity), dovremmo fare attenzione anche alla creatività quotidiana (everyday creativity).
James Kaufman, psicologo e direttore del “Learning Research Institute” (California State University), insieme a Ronald A. Beghetto (Università dell’Oregon), ha proposto una classificazione a quattro livelli dell’espressione creativa.
Il primo livello è Mini C (Mini Creativity) e si manifesta nei piccoli gesti quotidiani (un nuovo ingrediente in una ricetta di cucina, un nuovo modo svolgere un’attività, ecc.); la soluzione che troviamo non è rivoluzionaria, ma per noi è nuova e significativa. Il secondo livello è Little C (Little Creativity), ossia la creatività più mirata che coltiviamo quando pratichiamo un hobby (scattare foto, cucinare, fare giardinaggio, ecc.); è realizzata in un ambito specifico, nel tempo libero e in modo spontaneo. Il risultato è utile a noi e a quelli che praticano quell’hobby.
Il terzo livello è Pro C (Pro Creativity), cioè la creatività praticata, sistematicamente, in un ambito professionale (fotografia, marketing, formazione, cucina, scrittura, ecc.). Ci consente di diventare esperti (in quell’ambito) e ci avvicina all’eccellenza. Le soluzioni sono utili e interessanti per tutti coloro che lavorano in quel campo. Il quarto livello è Big C (Big Creativity): riguarda i contributi creativi eccellenti che hanno un impatto su un’intera disciplina, e quelle invenzioni che hanno cambiato la storia (invenzione della stampa, della macchina a vapore, della lampadina, ecc.). Anni di impegno e di passione portano alla padronanza tecnica e al pieno sviluppo delle potenzialità creative.
A proposito del genere, credo che siano di più gli inventori uomini perché, storicamente, hanno avuto maggiori opportunità di accedere ad università ed aziende. Le donne innovatrici, comunque, anche se numericamente inferiori, hanno avuto un’influenza determinante sulla società: basti pensare ad Ipazia di Alessandria (matematica, astronoma e filosofa), Maria Teresa d’Asburgo (prima imperatrice d’Austria), Ada Lovelace (prima programmatrice informatica), Marie Curie (grande scienziata e prima donna a vincere il Premio Nobel), Maria Montessori (madre della pedagogia moderna), Rita Levi Montalcini (scienziata, prima italiana a vincere un Premio Nobel scientifico) o Karen Sparck Jones, matematica inglese che ha ideato la funzione td-idf (term frequency – inverse document frequency) alla base dei moderni motori di ricerca.
Lei è autore di diversi libri e il suo sito, Creatività al lavoro è una palestra di inventiva con articoli, video, interviste ed esercizi. Cosa cerca di trasferire ai suoi utenti attraverso le sue competenze?
Quello che mi sprona a portare avanti il mio lavoro di formatore e di divulgatore è il desiderio di vedere persone più soddisfatte, più creative e più realizzate. Durante le mie lezioni (presso Università, Business School, ecc.), vedo i ragazzi sorridere e sorprendersi nello scoprire le loro abilità creative, e questo mi dà grande gioia e soddisfazione. Nelle consulenze presso le aziende, vedo gruppi di lavoro appassionarsi e applicare, con profitto, tecniche di pensiero creativo e questo mi fa sentire utile e apprezzato. Quando una persona che ha letto un mio articolo, un mio libro, o ha seguito un mio video corso, mi fa i complimenti e mi racconta di come i miei consigli l’hanno aiutata a ottenere un risultato, mi sento stimato e soddisfatto.
In ogni contesto in cui intervengo, cerco di trasferire passione, creatività, conoscenze e divertimento, perché, come afferma il Fisico Freeman Dyson: “Finché hai coraggio e senso dell’umorismo, non è mai troppo tardi per ricominciare da capo”.
Infine, prima di salutarci, potrebbe dedicare ai lettori de La Città una citazione spiegando perché rappresenta il pensiero creativo?
Lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton, a proposito della creatività ha detto: “Tutta la differenza fra costruzione e creazione è esattamente questa: una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita; ma una cosa creata si ama prima che esista.”
Mi piace questa citazione, perché ci aiuta a comprendere che ogni risultato (grande o piccolo) che otteniamo è nato da un’idea. Ci siamo appassionati a quell’idea, l’abbiamo “coltivata” nella nostra mente, l’abbiamo condivisa con altre persone, l’abbiamo elaborata e migliorata (grazie al confronto con gli altri) e, alla fine, è diventata qualcosa di concreto (un prodotto, un servizio, un libro, una canzone, una ricetta, ecc.). Ma noi, fin dal primo momento in cui è balenata nella nostra mente, l’abbiamo amata.
Grazie
Cristina Mignini